Con ordinanza del 14 febbraio 2019, la Corte di Giustizia ha affermato che la direttiva 89/665, come modificata dalla direttiva 2014/23, non osta ad una normativa nazionale che «prevede che i ricorsi avverso i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici debbano essere proposti, a pena di decadenza, entro un termine di 30 giorni a decorrere dalla loro comunicazione agli interessati, a condizione che i provvedimenti in tal modo comunicati siano accompagnati da una relazione dei motivi pertinenti tale da garantire che detti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione del diritto dell’Unione dagli stessi lamentata».
È altresì compatibile con la direttiva 89/665, come modificata dalla direttiva 2014/23, la normativa italiana che prevede che «in mancanza di ricorso contro i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione degli offerenti alla partecipazione alle procedure di appalto pubblico entro un termine di decadenza di 30 giorni dalla loro comunicazione, agli interessati sia preclusa la facoltà di eccepire l’illegittimità di tali provvedimenti nell’ambito di ricorsi diretti contro gli atti successivi, in particolare avverso le decisioni di aggiudicazione, purché tale decadenza sia opponibile ai suddetti interessati solo a condizione che essi siano venuti o potessero venire a conoscenza, tramite detta comunicazione, dell’illegittimità dagli stessi lamentata».
L’ordinanza di rimessione del Tar Piemonte
La questione pregiudiziale di legittimità era stata rimessa dal Tar Piemonte, sez. I, con ordinanza n. 88 del 17 gennaio 2018, che aveva richiesto alla Corte di Giustizia di chiarire se la disciplina europea osti all’art. 120, comma 2 bis, c.p.a. nelle parti in cui:
1) impone all’operatore che partecipa ad una procedura di gara di impugnare l’ammissione/mancata esclusione di un altro soggetto, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento con cui viene disposta l’ammissione/esclusione dei partecipanti;
2) preclude all’operatore economico di far valere l’illegittimità degli atti di ammissione degli altri operatori, in mancanza della preventiva impugnazione dell’atto di ammissione nel termine suindicato.
Sulla prima questione
La Corte di Giustizia ha ritenuto compatibile con l’ordinamento europeo il nuovo rito superaccelerato, ove rispettoso delle condizioni previste dalla direttiva 89/665.
L’art. 2 quater della citata direttiva consente agli Stati membri di stabilire termini di almeno 10 giorni per presentare ricorso avverso una decisione presa da un’amministrazione aggiudicatrice nel quadro di una procedura di aggiudicazione di un appalto disciplinata dalla direttiva 2014/24, a condizione che i provvedimenti siano accompagnati da una relazione dei motivi pertinenti.
La fissazione di un termine ragionevole e preciso di ricorso, a pena di decadenza, consente il perseguimento dell’obiettivo della celerità, obbligando gli operatori a contestare in tempi rapidi i provvedimenti preparatori e le decisioni intermedie adottate nell’ambito di una procedura di gara.
La compatibilità dell’art. 120, comma 2 bis, c.p.a. è tuttavia soggetta alla «condizione che i provvedimenti in tal modo comunicati siano accompagnati da una relazione dei motivi pertinenti, tale da garantire che i suddetti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione del diritto dell’Unione dagli stessi lamentata».
Secondo l’orientamento costante della Corte, infatti, l’efficacia del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta presuppone che «l’interessato possa conoscere la motivazione su cui si fonda la decisione adottata nei suoi confronti, vuoi in base alla lettura della decisione stessa vuoi a seguito di comunicazione della motivazione effettuata su sua richiesta, al fine di consentirgli di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente, nonché per porre pienamente in grado quest’ultimo di esercitare il controllo sulla legittimità della decisione nazionale in questione (v., in tale senso, sentenze del 15 ottobre 1987, Heylens e a., 222/86, EU:C: 1987:442, punto 15, nonché del 4 giugno 2013, ZZ, C-300/11, EU:C:2013:363, punto 53)».
La condizione posta dalla Corte di Giustizia pare comportare che il termine di 30 giorni previsto dall’art. 120, comma 2 bis, inizi a decorrere dall’effettiva conoscenza dei motivi pertinenti alla base del provvedimento di ammissione/esclusione e non più dalla sola pubblicazione della graduatoria sul profilo dell’amministrazione aggiudicatrice.
Sarà compito del giudice nazionale chiarire il significato di «relazione dei motivi pertinenti».
Sulla seconda questione
La Corte di Giustizia, ripercorrendo le argomentazioni utilizzate per la prima questione, dichiara la compatibilità della disciplina nazionale che prevede che «in assenza di ricorso contro i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione degli offerenti alla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici entro un termine di 30 giorni dalla loro comunicazione, agli interessati sia preclusa la facoltà di eccepire l’illegittimità di tali provvedimenti nell’ambito di ricorsi diretti contro gli atti successivi, e in particolare contro le decisioni di aggiudicazione».
In tal modo è assicurata l’effettività delle direttive dell’Unione in materia di appalti pubblici, che sarebbe compromessa se ai concorrenti fosse consentito far valere, in qualsiasi momento del procedimento, le infrazioni alla normativa, obbligando l’amministrazione a ricominciare la procedura.
È necessario e sufficiente che il termine decadenziale sia ragionevole e che decorra dalla conoscenza dell’illegittimità del provvedimento di ammissione/esclusione.
La pronuncia della Corte di Giustizia non risolve i numerosi dubbi esposti dal TAR Piemonte avverso il nuovo rito super accelerato, che ora sarà sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi dal TAR Puglia, con ordinanza n. 903 del 20 giugno 2018.