Commenti e sentenze

L’Adunanza Plenaria torna sugli oneri di sicurezza aziendale negli appalti di lavori pubblici

Nota a Consiglio di Stato, Ad. Plen., 2 novembre 2015, n. 9

Con sentenza n. 9 del 2 novembre 2015, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è tornata sulla tematica degli oneri per la sicurezza aziendali statuendo che “non sono legittimamente esercitabili poteri attinenti al soccorso istruttorio, nel caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, anche per le procedure nelle quali la fase di presentazione delle offerta si è conclusa prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria n. 3 del 2015”.

La pronuncia prende le mosse dall’ordinanza di remissione n. 2707 del 3 giugno 2015, con cui la Quarta Sezione del Consiglio di Stato ha osservato che, prima dell’intervento dall’Adunanza Plenaria n. 3/2015, il principio della necessità di indicazione degli oneri di sicurezza aziendale già in sede di offerta era tutt’altro che pacifico (cfr., fra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 17 marzo 2015 n. 1375; Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 2015 n. 884; Cons. Stato, Sez. V, 3 febbraio 2015 n. 512; Cons. Stato, Sez. V, 17 giugno 2014 n. 3056; C.G.A. Sicilia, 24 marzo 2015 n. 305).

Di conseguenza, la Sezione remittente si è chiesta se, per le procedure svoltesi prima dell’Adunanza Plenaria n. 3/2015, fosse applicabile il rimedio del soccorso istruttorio per ovviare ad eventuali omissioni incolpevoli dei concorrenti.

Con la pronuncia in commento l’Adunanza Plenaria ha dato risposta negativa, in quanto con la decisione n. 3/2015 è stata espressamente esclusa la sanabilità con il soccorso istruttorio dell’omissione dell’indicazione degli oneri per la sicurezza aziendale, che si risolverebbe in un’inammissibile integrazione postuma di un elemento essenziale dell’offerta.
Secondo l’ultima sentenza n. 9/2015 dell’Adunanza Plenaria, in favore del soccorso istruttorio non rileva neppure l’orientamento di senso contrario consolidatosi prima della Plenaria n. 3/2015, atteso che “non sembra possibile elevare la precedente esegesi al rango di legge per il periodo antecedente al suo mutamento” (a tal proposito l’A.P. richiama Cassazione SS.UU. n. 15144 del 2011).

La pronuncia non ci pare però condivisile sotto molteplici profili che, in estrema sintesi, possono così sintetizzarsi:

– prima dell’Adunanza Plenaria n. 3/2015, il bando tipo dell’ANAC – al quale dovevano attenersi le Amministrazioni appaltanti ai sensi art. 64 comma 4-bis, del Codice – prevedeva che gli oneri per la sicurezza aziendali dovessero essere richiesti ai concorrenti solo in sede di verifica dell’anomalia (in virtù dell’espressa disposizione contenuta nell’art. 86, comma 3-bis, del Codice) e non in sede di compilazione dell’offerta economica;

– non appare ragionevole pretendere che, a fronte di una complessa questione interpretativa, che ha condotto ad aspro contrasto giurisprudenziale in seno allo stesso Consiglio di Stato, gli operatori economici, discostandosi dalle prescrizioni dei bandi di gara, dovessero anticipare – pena l’esclusione! – le conclusioni a cui è successivamente pervenuta l’Adunanza Plenaria;

– nelle occasioni in cui l’Adunanza Plenaria ha enunciato principi interpretativi suscettibili di incidere anche su procedure di gara in corso, si è posto il problema degli effetti della loro possibile applicazione in relazione alle vicende pregresse; e in casi precedenti se ne è negata la portata retroattiva proprio in virtù del riferito principio di affidamento e di certezza del diritto. Così è avvenuto, ad esempio, allorché è stata generalizzata la regola della pubblicità della seduta di gara concernente l’apertura dei plichi contenenti le offerte tecniche e la verifica del loro contenuto (Ad. Plen. 27 giugno 2013, n. 16). Ugualmente, a proposito degli effetti dell’omessa dichiarazione in sede di gara di condanne penali passate in giudicato, nell’affermare l’obbligo anche per gli amministratori di società interessate da processi di fusione o incorporazione con il concorrente, l’Adunanza Plenaria ha precisato che tali condizioni dovessero ritenersi operanti per le gare successive alla pronuncia interpretativa raggiunta; mentre per le gare precedenti, salvo espresse previsioni delle norme di gara, viene negata l’ipotesi di espulsione per mera omessa dichiarazione (Ad. Plen. 7 giugno 2012, n. 21);

– proprio in virtù dei menzionati principi di affidamento e di certezza del diritto, prima della pronuncia in commento, alcuni Tribunali Amministrativi sono pervenuti ad affermare che, in un momento antecedente alla definitiva soluzione interpretativa offerta dall’Adunanza Plenaria con la decisione n. 3/2015, non pare possa ragionevolmente pretendersi di introdurre, nelle regole che reggono al procedura di gara, un adempimento, originariamente non previsto, la cui inosservanza determina inesorabilmente l’esclusione (così TAR Veneto, Sez. I, 4 giugno 2015, n. 619, TAR Friuli Venezia Giulia, Trieste, 26 giugno 2015, n. 311; TAR Puglia, Lecce, Sez. I, ord. 11 settembre 2015 n. 449).

Resta a questo punto da valutare se sia compatibile con i principi comunitari di trasparenza, di libertà di concorrenza e di diritto di difesa, un ordinamento nazionale che sancisce l’esclusione dalle gare di imprese che abbiano presentato offerta conforme sia alle direttive, che al codice nazionale, ma non all’orientamento giurisprudenziale che, dopo la presentazione dell’offerta, indichi ulteriori adempimenti.

Si segnala che, dopo la pubblicazione del commento che precede, la Seconda Sezione del TAR Piemonte, con ordinanza n. 1745 del 16 dicembre 2015, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea il seguente quesito interpretativo:

Se i principi comunitari di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, unitamente ai principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza, di cui (da ultimo) alla direttiva n. 2014/24/UE, ostino ad una normativa nazionale, quale quella italiana derivante dal combinato disposto degli artt. 87, comma 4, e 86, comma 3-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, e dall’art. 26, comma 6, del d.lgs. n. 81 del 2008, così come interpretato, in funzione nomofilattica, ai sensi dell’art. 99 cod. proc. amm., dalle sentenze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nn. 3 e 9 del 2015, secondo la quale la mancata separata indicazione dei costi di sicurezza aziendale, nelle offerte economiche di una procedura di affidamento di lavori pubblici, determina in ogni caso l’esclusione della ditta offerente, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata non sia stato specificato né nella legge di gara né nell’allegato modello di compilazione per la presentazione delle offerte, ed anche a prescindere dalla circostanza che, dal punto di vista sostanziale, l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale” (cfr. altresì, per l’affermazione del principio in questione in parte analoga, Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., Sez. Giur., ordinanza n. 1 del 15 gennaio 2015).

La questione appare, dunque, tutt’altro che risolta.