Commenti e sentenze

Equo compenso e gratuità stimolante

Il TAR Lazio, con le sentenze gemelle 30 settembre 209, nn. 11410 e 11411, interviene a gamba tesa sulla dignità professionale

1. Il Tar del Lazio (Sezione II, sentenze gemelle 30 settembre 209, nn. 11410 e 11411) è intervenuto in una questione concernente il bando con cui il Ministero dell’Economia ha richiesto «un supporto tecnico ad elevato contenuto specialistico di professionalità altamente qualificate per svolgere consulenze a titolo gratuito» proposta dall’Ordine degli Avvocati di Roma e da quello di Napoli.

La decisione assume la legittimità della procedura, affermando che l’incarico in questione sarebbe privo delle caratteristiche proprie di un rapporto di lavoro subordinato e/o professionale, tanto da non legittimare la necessità di una procedura ai sensi del D.Lgs. 50/2016.

La sentenza, inoltre ed in particolare, afferma che è legittimo richiedere prestazioni professionalmente qualificate senza compenso: «Nulla impedisce, tuttavia, al professionista, senza incorrere in alcuna violazione, neppure del Codice deontologico, di prestare la propria consulenza, in questo caso richiesta solo in modo del tutto eventuale nei due anni stabiliti, senza pretendere ed ottenere alcun corrispettivo in denaro. Lo stesso può invece in questo caso trarre vantaggi di natura diversa, in termini di arricchimento professionale legato alla partecipazione ad eventuali tavoli, allo studio di particolari problematiche ed altro, nonché quale possibilità di far valere tutto ciò all’interno del proprio curriculum vitae» e «anche professionisti con un bagaglio professionale consistente potrebbero avere interesse, in quanto stimolante, a contribuire, con la propria professionalità, all’elaborazione di norme per l’adeguamento dell’ordinamento interno alle direttive/regolamenti comunitari».

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2. La sentenza lascia decisamente perplessi, perché omette di considerare basilari principi costituzionali (art. 1, art. 35, art. 36 e art. 97 della Costituzione) e reca un gravissimo palese nocumento alla tutela della dignità professionale, collegata al principio dell’equo compenso.

Senza qui volersi dilungare, è chiaro che qualsiasi cliente potrebbe affermare, per assurdo, che l’incarico affidato è particolarmente «stimolante» e quindi tale da essere svolto gratuitamente.

Ed è, sinceramente, equivoco ipotizzare che un professionista possa trarre «vantaggi di natura diversa» da una collaborazione con il Ministero, anche sotto forma di «arricchimento professionale» da far valere nel curriculum vitae.

A tutto voler concedere si tratterebbe di attività in dumping e, quindi, comunque anticoncorrenziale.

Ma ciò che più sorprende è che a chiedere attività di consulenza gratuita è il Ministero dell’Economia, in cui lavorano fior di funzionari pagati appositamente per fornire consulenze legislative e tecniche.

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3. La sentenza interpreta il concetto di equo compenso in modo brutale: «laddove il compenso in denaro sia stabilito, esso non possa che essere equo», lasciando, quindi, spazio a richieste di prestazioni professionali gratuite.

Ciò senza alcun tipo di limitazione: al riguardo è opportuno richiamare l’ordinanza con cui lo stesso Tar Lazio ha rimesso alla Corte di giustizia la questione della legittimità dell’art. 1, comma 489, della L. n. 147/2013, «nella misura in cui tale norma incoraggia le amministrazioni pubbliche italiane a preferire, nelle assunzioni o nel conferimento di incarichi, solo lavoratori già titolari di trattamento pensionistico erogato da enti previdenziali pubblici italiani» di fatto gratuitamente.

Nella ordinanza del dicembre 2018 vi è un interessante excursus sul lavoro gratuito, ove si legge, condivisibilmente, che «al lavoro svolto gratuitamente dovrebbero fare da contraltare delle misure tendenti a sollevare il lavoratore da determinate responsabilità, ovvero a mitigarne gli effetti economici e patrimoniali», perché la retribuzione è anche funzionale alla stipula di assicurazioni e, quindi, alla assunzione di responsabilità (Tar Lazio, Sez. I, 4 dicembre 2018, n. 11756/2018). Ma ciò che più rileva è che, sempre secondo il TAR Lazio del dicembre 2018, «La contraria affermazione, portata ad ulteriori conseguenze, indurrebbe in breve ad affermare che a qualsiasi soggetto titolare di un patrimonio personale che gli consenta di mantenersi può legittimamente essere richiesto, da una amministrazione pubblica, di prestare attività lavorativa gratuita, indipendentemente dalla natura e dalle caratteristiche dell’attività stessa, al solo fine di alleggerire gli oneri per spese correnti di detta amministrazione».

Quest’ultimo, invece, appare proprio il portato ultimo delle sentenze del 30 settembre: tra Stato (in bolletta) e professionisti (a loro volta in bolletta, ma magari non del tutto) la spunta lo Stato, a discapito di qualsiasi equo compenso che dir si voglia.

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4. Decisamente più in linea con l’Ordinamento appare l’ordinanza (che poi ha portato alla revoca del bando da parte del Comune di Marano che lo aveva emanato) con cui il Tar Campania ha sospeso una procedura per la selezione di avvocati per cause tributarie che prevedeva un compenso nullo per le cause di valore inferiore: il Tar ha condivisibilmente affermato che «le esigenze di riequilibrio finanziario debbano armonizzarsi con altri principi fondamentali dell’azione amministrativa, tra cui quelli di ragionevolezza e di proporzionalità nonché, nella fattispecie, quello di equo compenso per le prestazioni professionali» (Tar Campania, Sez. I, 25 ottobre 2018, n. 1541)

L’auspicio è che quest’ultimo modo di intendere l’equo compenso e la dignità che ad esso è legata faccia breccia nei giudici nazionali.