Commenti e sentenze

Concessioni di servizi: limiti alla revisione delle condizioni in fase esecutiva

Nota a CGARS, sez. giurisdizionale, sent. 26 aprile 2019 n. 343

1. Le concessioni tra rischio ed equilibrio di gestione

Il principale tratto distintivo tra i contratti di concessione e gli appalti è rappresentato dalla sussistenza, soltanto nei primi, di un rischio operativo sostanziale, definito dal legislatore come «il rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi, trasferito all’operatore economico» (art. 3, lett. zz, D.Lgs. 50/2016).

Allo stesso tempo, l’obbligatorietà di un piano economico finanziario predisposto dal concessionario è volta a verificare la «contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria. Per convenienza economica si intende la capacità del progetto di creare valore nell’arco dell’efficacia del contratto e di generare un livello di redditività adeguato per il capitale investito; per sostenibilità finanziaria si intende la capacità del progetto di generare flussi di cassa sufficienti a garantire il rimborso del finanziamento» (art. 3, D.Lgs. 50/2016).

In altri termini, è pur vero che il rischio della gestione ricade sul concessionario, ma è altresì vero che la concessione deve rimanere in equilibrio per tutto il periodo concessorio; a tal fine, già nella Legge 109/1994 e nel D.Lgs. 163/2006 ed oggi nel D.Lgs. 50/2016, sussistono molteplici previsioni a tutela dell’equilibrio economico e finanziario del rapporto concessorio.

Proprio in tal senso, l’art. 182 del Codice dei contratti pubblici prevede che, anche a concessione già affidata, siano ammessi interventi per riequilibrare le originarie condizioni economiche e finanziarie, quando esse siano turbate da eventi sopravvenuti e non imputabili all’operatore.

Il rischio di impresa è in altri termini solo parzialmente allocato in capo all’affidatario dell’intervento, in quanto in presenza di eventi incidenti sulla sostenibilità dell’opera già affidata, l’interesse pubblico sotteso all’affidamento rende doverosa la revisione (o almeno la ricerca di una possibilità di revisione) del piano economico finanziario; al fine di assorbire eventuali mancati recuperi degli investimenti ovvero perdite di gestione, connesse a fattori imprevedibili.

2. L’orientamento del Consiglio di Stato e di ANAC

Numerose pronunce si sono soffermate proprio sulla ricerca di un punto di equilibrio tra interesse privato al riequilibrio della concessione e interesse dell’amministrazione a ribaltare sul privato i rischi concessori.

Con una nota sentenza del 2016, il Consiglio di Stato ha fissato un principio importante, concludendo che la revisione del piano economico concordato con il concessionario debba essere necessariamente legata a eventi straordinari, e non a semplici fluttuazioni del mercato. Solo di fronte ad avvenimenti oggettivamente straordinari, che vanno al di là del rischio proprio e normale del concessionario, il concessionario ha diritto a ottenere la revisione delle condizioni originarie del rapporto.

Il giudici di Palazzo Spada, nella pronuncia richiamata, hanno precisato i concetti di “straordinarietà” e di “imprevedibilità”: «il carattere della straordinarietà è di natura oggettiva, qualificando un evento in base all’apprezzamento di elementi, quali la frequenza, le dimensioni, l’intensità, suscettibili di misurazioni (e quindi, tali da consentire, attraverso analisi quantitative, classificazioni quanto meno di carattere statistico), mentre il carattere della imprevedibilità ha fondamento soggettivo, facendo riferimento alla fenomenologia della conoscenza».

Nel caso di specie, il preteso “evento straordinario” consisteva, a dire dell’appellante, nella crisi economica mondiale che aveva ridotto la domanda di carburante e di prodotti di ristoro, tanto -a suo dire- da condurre in perdita una concessione di costruzione e gestione di un’area di servizio autostradale. In forza del richiamato principio, il Consiglio di Stato ha tuttavia negato che tali «fattori macroeconomici» potessero «essere considerati straordinari e imprevedibili», trattandosi di «fluttuazioni periodiche».

L’orientamento è stato altresì recepito da ANAC, che con deliberazione n. 267 del 14 marzo 2018 ha puntualizzato che «la parte del rischio trasferita al concessionario deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile».

3. La sentenza in commento

Con la sentenza in commento, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sezione giurisdizionale, ha confermato i predetti principi, con alcune precisazioni.

Nel caso di specie, una società concessionaria del servizio di gestione di parcheggi a pagamento in una città siciliana aveva rifiutato di pagare i canoni dovuti al Comune in forza del contratto di concessione, imputando al Comune stesso lo stato di netta perdita della propria gestione. Proprio in ragione delle presunte responsabilità dell’Amministrazione, la Società aveva chiesto sia la revisione delle tariffe fissate convenzionalmente, sia un risarcimento per i danni patrimoniali patiti.

Il CGARS, nel respingere l’appello promosso dall’operatore economico, ha enfatizzato il concetto di “rischio operativo sostanziale”, rammentando come esso debba inequivocabilmente ricadere sul privato e concludendo che «la mancata corrispondenza fra costi operativi gestionali e canone concessorio (con conseguente perdita di esercizio per il gestore) rappresenta pur sempre un – non auspicabile, ma possibile – evento connesso all’ordinaria dinamica gestionale».

«Più in particolare», hanno proseguito i giudici siciliani, «il rischio che la non corretta valutazione della domanda del servizio (e dei conseguenti flussi di cassa) determini effetti negativi sulla gestione del servizio rappresenta un ordinario ‘rischio di domanda’, connaturato con lo stesso istituto concessorio (e, anzi, coessenziale ad esso)».

L’intervento “riequilibratore” dell’Amministrazione mediante la revisione delle condizioni pattuite, pertanto, si rende necessario se e solo se la situazione di squilibrio sia riconducibile a fatti esterni, non prevedibili, e sicuramente non dovuti a errori del privato nella redazione del proprio PEF. In altri termini, uno squilibrio originato da una errata valutazione del privato rimane in capo al privato stesso, senza che sorga il benché minimo diritto ad ottenere modifiche delle condizioni di concessione.

Modifiche delle condizioni che, laddove slegate dai predetti eventi straordinari e imprevedibili, risulterebbero inequivocabilmente illegittime. Come infatti chiarito dal CGARS, «la scelta dell’amministrazione di accordare ex post una rimodulazione degli aspetti economici del contratto in corso di esecuzione si porrebbe in contrasto con i princìpi liberoconcorrenziali, determinando una modifica successiva delle condizioni in relazione alle quali si è svolto il confronto competitivo fra più potenziali concessionari»