Commenti e sentenze

Dichiarazione mendace dell’ausiliaria: quali conseguenze?

Nota a CGUE, Sez. IX, 3 giugno 2021, C-210/2020

Nota a CGUE, Sez. IX, 3 giugno 2021, C-210/2020

1. Premessa: la violazione degli obblighi dichiarativi da parte del concorrente

Il tema della violazione degli obblighi dichiarativi ad opera del concorrente è stato ampiamente trattato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 28 agosto 2020 n. 16, che si è pronunciata sull’apparente contrasto tra le disposizioni di cui alle lettere c-bis e f-bis dell’art. 80, comma 5, D.Lgs. 50/2016.

In particolare, l’Adunanza Plenaria è stata chiamata a definire l’ambito di operatività delle due norme, su cui occorre preliminarmente soffermarsi, per poter valutare le conseguenze di una dichiarazione mendace in sede di avvalimento.

Nel primo caso, all’art. 80 comma 5 lett. c-bis, è prevista l’esclusione dell’operatore economico che «abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione».

Tale ipotesi sono accomunate dall’assenza di un automatismo espulsivo, al pari degli altri gravi illeciti professionali. Occorre pertanto una valutazione in concreto ad opera della Stazione Appaltante, tenuta a stabilire: i) se l’informazione è falsa o fuorviante, ovvero se l’informazione omessa è rilevante ai fini della partecipazione alla gara; ii) se l’informazione fornita o l’omissione dichiarativa sono in grado di sviare le valutazioni dell’amministrazione aggiudicatrice; iii) ed infine se il comportamento tenuto dall’operatore economico incida in senso negativo sulla sua integrità o affidabilità.

Nel secondo caso, alla lettera f-bis, si prevede invece la necessaria esclusione dell’operatore responsabile di aver presentato «nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere».

Riconosciuta l’identità di oggetto delle due disposizioni, non potendosi accordare rilevanza al differente impiego dei termini “documento” e “informazione”, il Consiglio di Stato ha risolto l’apparente antinomia sulla base del criterio di specialità.

Nello specifico, è stata attribuita prevalenza alla lett. c-bis, «sulla base dell’elemento specializzante consistente nel fatto che le informazioni false, al pari di quelle fuorvianti, sono finalizzate all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante “sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” e concretamente idonee ad influenzarle».

Conseguentemente, l’ambito di applicazione della lettera f-bis, e dunque il caso di automatismo espulsivo, «viene giocoforza a restringersi alle ipotesi – di non agevole verificazione – in cui le dichiarazioni rese o la documentazione presentata in sede di gara siano obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità, e non siano finalizzate all’adozione dei provvedimenti di competenza dell’amministrazione relativi all’ammissione, la valutazione delle offerte o l’aggiudicazione dei partecipanti alla gara o comunque relativa al corretto svolgimento di quest’ultima».

2. Gli obblighi dichiarativi connessi all’avvalimento

Il tema delle false dichiarazioni non si esaurisce però nell’art. 80 del Codice dei Contratti Pubblici, trovando una specifica declinazione all’89 D.Lgs. 50/2016, con riguardo all’avvalimento.

Com’è noto, l’istituto consente di sopperire alla carenza dei requisiti speciali di partecipazione alla gara, avvalendosi delle capacità di altri soggetti.

Affinché ciò sia possibile, ovviamente, occorre che l’ausiliaria: sia munita dei requisiti generali di partecipazione; soddisfi la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale previsti dal bando; si impegni verso la Stazione Appaltante e il concorrente a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è l’operatore è carente.

L’obbligo dichiarativo e la specificità dell’apporto ad opera dell’ausiliaria, previsto dall’art. 89 comma 1, è contemperato dal successivo comma 3, a mente del quale la Stazione Appaltante impone all’operatore economico di sostituire «i soggetti che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione».

In tal caso, il concorrente è dunque esente da conseguenze, potendo sostituire l’ausiliaria senza veder compromessa la possibilità di partecipare alla gara.

La facoltà di sostituzione di cui all’art. 89 comma 3 D.Lgs. 50/2016 incontra però il limite delle false dichiarazioni. Sul punto, il primo comma prevede infatti che, «nel caso di dichiarazioni mendaci», «la stazione appaltante esclude il concorrente e escute la garanzia».

In tal quadro, mentre il concorrente non “risente” della carenza dei requisiti dell’ausiliaria, pare invece dover rispondere degli effetti derivanti da una falsa dichiarazione: quali l’esclusione dalla gara, l’escussione della garanzia e l’annotazione nel casellario ANAC, ex art. 80, comma 12, D.Lgs. 50/2016.

Il tutto, sulla base di una norma che:

  • stando al dato letterale, pare delineare un’ipotesi di esclusione automatica ed obbligatoria;
  • non distingue in base all’elemento investito dalla dichiarazione mendace, in base all’imputabilità della falsa dichiarazione, con particolare riguardo all’ipotesi in cui questa sia nota esclusivamente all’ausiliaria.

3. Il caso affrontato dal Consiglio di Stato e il rinvio alla CGUE

La causa di esclusione di cui all’art. 89 D.Lgs. 50/2016 è stata analiticamente valutata dal Consiglio di Stato, anche rispetto alla disciplina euro-unitaria (ordinanza del 20 marzo 2020, n. 2005).

Per un corretto inquadramento, occorre premettere che il Consiglio di Stato si è pronunciato su una gara bandita nel gennaio 2018; sicché l’art. 80 del Codice dei Contratti Pubblici era applicabile nella formulazione antecedente all’entrata in vigore del D.L. 135/2018, convertito con L. 12/2019.

Inoltre, l’ordinanza di rimessione alla CGUE è precedente rispetto alla citata sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 28 agosto 2020 n. 16.

Muovendo da tale cornice normativa e giurisprudenziale, il Consiglio di Stato ha ritenuto astrattamente applicabile la norma ad un caso in cui l’ausiliaria aveva omesso di dichiarare una sentenza di patteggiamento a carico del titolare dell’impresa, giudicato responsabile di lesioni colpose commesse con violazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

In particolare, è stato giudicato che, sulla base della normativa nazionale, «la dichiarazione non veritiera resa dal rappresentante legale dell’impresa ausiliaria in gara comporta, quale conseguenza automatica, il dovere della stazione appaltante di escludere il concorrente ausiliato, senza possibilità di provvedere alla sostituzione dell’impresa».

In caso di dichiarazione mendace, dovrebbe dunque ritenersi preclusa la facoltà di sostituzione dell’ausiliaria ammessa dall’art. 89 comma 3 D.Lgs. 50/2016, applicabile per tutti i diversi motivi obbligatori di esclusione.

Ad avviso del Consiglio di Stato, la differenza di disciplina potrebbe essere giustificata, nell’ottica del diritto interno, «dalla esigenza di sanzionare coloro che si sono resi responsabili di dichiarazioni mendaci, o dolosamente reticenti, responsabilizzando l’operatore economico in ordine alla genuinità delle attestazioni compiute dall’impresa ausiliaria».

Per tale ragione, nel caso affrontato, sarebbe soggetto ad esclusione obbligatoria il concorrente che si è avvalso di un’impresa colpevole di una omessa dichiarazione di un precedente penale rilevante ex art. 80, comma 5, D.Lgs. 50/2016.

Detta soluzione, benché rispondente alla normativa nazionale e all’orientamento giurisprudenziale consolidato in materia, è stata tuttavia ritenuta di dubbia compatibilità con l’ordinamento sovraordinato.

In proposito, il Consiglio di Stato ha evidenziato che il diritto dell’Unione nulla dispone in punto di esclusione del concorrente a seguito di dichiarazioni mendaci da parte dell’ausiliaria.

Ben diversamente, in un’ottica pro-concorrenziale, l’art. 63 della direttiva 2014/24/UE impone la sostituzione dell’impresa ausiliaria in tutte le ipotesi in cui sussistano in capo a quest’ultima motivi obbligatori di esclusione, senza alcuna eccezione con riguardo all’ipotesi di falsa dichiarazione.

In un siffatto contesto, la causa di esclusione di cui all’art. 89 comma 1 D.Lgs. 50/2016:

  • per un verso, contrasterebbe con la norma sovranazionale, introducendo un automatismo espulsivo non contemplato dalla direttiva UE, che persegue opposte finalità;
  • per altro verso, appare inconciliabile con il principio per cui il concorrente ausiliato, «non disponendo di speciali poteri di verifica circa l’attendibilità delle credenziali della controparte, non può che affidarsi alle dichiarazioni o alla documentazione da quest’ultima fornitegli». Con il corollario che «all’operatore concorrente non può richiedersi una diligenza maggiore di quella richiesta ad un comune operatore negoziale» (Cons. Stato, Sez. V, 3 gennaio 2019, n. 69).

Sulla scorta di tali argomenti, il Consiglio di Stato ha pertanto rimesso alla Corte di Giustizia UE il seguente quesito interpretativo: «se l’articolo 63 della direttiva 2014/24 …, unitamente ai principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, …. osti all’applicazione della normativa nazionale italiana … secondo la quale nel caso di dichiarazioni non veritiere rese dall’impresa ausiliaria riguardanti la sussistenza di condanne penali passate in giudicato, potenzialmente idonee a dimostrare la commissione di un grave illecito professionale, la stazione appaltante deve sempre escludere l’operatore economico concorrente in gara, senza imporgli o consentirgli di indicare un’altra impresa ausiliaria idonea, in sostituzione della prima, come stabilito, invece nelle altre ipotesi in cui i soggetti della cui capacità l’operatore economico intende avvalersi non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione».

4. La pronuncia della Corte di Giustizia UE

Nel fornire risposta al quesito, la Corte di Giustizia UE ha attribuito centrale rilevanza al principio di proporzionalità, che impone all’amministrazione aggiudicatrice di «effettuare una valutazione specifica e concreta dell’atteggiamento del soggetto interessato, sulla base di tutti gli elementi pertinenti».

In altri termini, occorre analizzare i «mezzi di cui l’offerente disponeva per verificare l’esistenza di una violazione in capo al soggetto sulle cui capacità intendeva fare affidamento».

Rapportando tali principi al caso controverso, ne consegue che, se la condanna riferibile al titolare dell’impresa ausiliaria «non figurava nell’estratto del casellario giudiziale consultabile dai soggetti privati», non si potrebbe addebitare al concorrente una mancanza di diligenza.

Per tale ragione, in una siffatta ipotesi, sarebbe contrario al principio di proporzionalità impedire la sostituzione del soggetto interessato da una causa di esclusione.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte ha concluso che osta al diritto dell’Unione una normativa nazionale «in forza della quale l’amministrazione aggiudicatrice deve automaticamente escludere un offerente da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico qualora un’impresa ausiliaria, sulle cui capacità esso intende fare affidamento, abbia reso una dichiarazione non veritiera quanto all’esistenza di condanne penali passate in giudicato, senza poter imporre o quantomeno permettere, in siffatta ipotesi, a tale offerente di sostituire detto soggetto».

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Per completezza, si segnala che ad analoghe conclusioni era pervenuto in un caso il giudice nazionale, prescindendo dal rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE.

Nello specifico, è stato giudicato che «se la ratio dell’esclusione in caso di false dichiarazioni è quella di consentire alle Amministrazioni di intrattenere rapporti solo con imprese affidabili», allora è «necessario interpretare la norma non solo in senso costituzionalmente orientato, ma anche coerente con la ratio descritta, e non far rispondere l’impresa ausiliata per responsabilità oggettiva, … cioè per circostanze riconducibili solo alla sfera dell’impresa ausiliaria» (TAR Lazio, Roma, Sez. III-quater, 26 giugno 2020, n. 7211).

Tali considerazioni, ad avviso del TAR, valgono a maggior ragione se si considera che il concorrente «non soltanto non conosceva le irregolarità contributive» dell’ausiliaria, «ma non avrebbe neppure potuto conoscerle, “non disponendo di speciali poteri di verifica circa l’attendibilità delle credenziali della controparte” e non potendo, quindi, far altro “che affidarsi alle dichiarazioni o alla documentazione da quest’ultima fornitegli”, con conseguente impossibilità “di renderla motivatamente corresponsabile dell’attestazione inveritiera resa”».

La sentenza è stata oggetto di appello. In quella sede, il Consiglio di Stato ha ritenuto necessario sospendere il giudizio nelle more della definizione del rinvio pregiudiziale (Cons. Stato, Sez. III, ord. del 16 aprile 2021, n. 3130), conclusosi con la citata sentenza della CGUE.

5. Conclusioni

Se la dichiarazione mendace, imputabile all’ausiliaria, non è conoscibile dal concorrente?

In caso di falsa dichiarazione non conoscibile dal concorrente, non paiono residuare dubbi.

In applicazione del principio di diritto affermato dalla Corte di Giustizia UE, si dovrà ammettere la sostituzione dell’ausiliaria priva di requisiti ai sensi dell’art. 89 comma 3 D.Lgs. 50/2016, senza alcuna conseguenza espulsiva nei confronti del concorrente.

Se invece la dichiarazione mendace dell’ausiliaria è conoscibile dal concorrente?

Alcune incertezze potrebbero invece sorgere se la falsità della dichiarazione è conoscibile dal concorrente, secondo canoni di ordinaria diligenza.

In tali ipotesi, potrebbe ancora trovare applicazione la causa di esclusione di cui all’art. 89, comma 1, D.Lgs. 50/2016. Tuttavia, nell’attuale quadro normativo e giurisprudenziale, è quantomeno dubbia la possibilità di far discendere dalla norma un automatismo espulsivo.

Sotto il primo profilo, non si può prescindere dalle modifiche apportate all’art. 80 D.Lgs. 50/2016 e dalle considerazioni svolte sul punto dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza del 28 agosto 2020 n. 16.

Come anticipato, l’automatismo espulsivo di cui alla lett. f-bis dell’art. 80 D.Lgs. 50/2016 è stato confinato alle ipotesi «in cui le dichiarazioni rese o la documentazione presentata in sede di gara siano obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità, e non siano finalizzate all’adozione dei provvedimenti di competenza dell’amministrazione».

In tutti gli altri casi, riconducibili alla lett. c-bis, è invece rimesso all’Amministrazione l’apprezzamento della violazione degli obblighi dichiarativi da parte del concorrente.

Analoghe considerazioni paiono potersi estendere alla causa di esclusione di cui all’art. 89 comma 1 D.Lgs. 50/2016, pena una disparità di trattamento a discapito del concorrente; il quale, in caso di dichiarazione mendace dell’ausiliaria da lui conoscibile, finirebbe altrimenti per essere destinatario di una sanzione più grave rispetto a quella prevista in caso di falsa od omessa dichiarazione a lui direttamente imputabile.

Sotto il secondo profilo, acquisisce rilevanza il principio di proporzionalità, valorizzato dalla Corte di Giustizia UE. Principio che impone di accertare caso per caso la rilevanza delle condotte riferibili all’operatore economico, valutando se esse siano o meno idonee ad inficiare l’affidabilità e serietà del concorrente.

Tutte valutazioni, queste ultime, che sarebbero invece precluse qualificando l’art. 89 comma 1 D.Lgs. 50/2016 come causa di esclusione automatica ed obbligatoria.