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Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica (D.Lgs. n. 175/2016): un primo inquadramento

Commento a cura dell'Avv. Alberto Rho
Decreto Legislativo n. 175/2016
“Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”.

Il decreto è entrato in vigore il 23 settembre 2016.

Il decreto in esame dà attuazione all’articolo 16, comma 1, lettera b) della Legge Madia (legge 124/2015), per il quale il Governo era delegato ad adottare, entro 12 mesi, un decreto legislativo di semplificazione del settore delle partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche. Tale decreto è stato predisposto sulla base dei principi e criteri direttivi contenuti sia nell’articolo 16 che nell’articolo 18 della c.d. Legge Madia, oltre che “al fine prioritario di assicurare la chiarezza della disciplina, la semplificazione normativa e la tutela e promozione della concorrenza, con particolare riferimento al superamento dei regimi transitori”, il decreto è adottato “ai fini della razionalizzazione e riduzione delle partecipazioni pubbliche secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, ridefinizione della disciplina, delle condizioni e dei limiti per la costituzione di società, l’assunzione e il mantenimento di partecipazioni societarie da parte di amministrazioni pubbliche entro il perimetro dei compiti istituzionali o di ambiti strategici per la tutela di interessi pubblici rilevanti, quale la gestione di servizi di interesse economico generale”.

Il decreto costituisce il Testo Unico delle disposizioni in materia di società a partecipazione pubblica, prevedendo sia norme meramente ricognitive di disposizioni esistenti sia disposizioni novative.

Il testo pubblicato in G.U. non contiene alcuna modifica rilevante rispetto al testo trasmesso alle Camere il 19 luglio (atto del Governo n. 297-bis) e non recepisce i rilievi contenuti nei pareri delle Commissioni Parlamentari espressi in data 27 luglio 2016, tra cui, principalmente, quello, auspicato, dell’esclusione dall’ambito di applicazione del decreto delle società operanti in regime di mercato sulla base di affidamenti con gara.

Il Governo, nella relazione illustrativa al secondo testo del decreto in esame, aveva motivato il mancato accoglimento del rilievo affermando che “l’esenzione è contraria alla logica del decreto, che esclude che le società in partecipazione pubblica svolgano attività d’impresa in assenza di un interesse pubblico e in regime di mercato; essa si applicherebbe a un gran numero di società a controllo pubblico, nonché, tendenzialmente, a tutte le società miste”.

La motivazione addotta dal Governo pare essere, in contraddizione con le finalità di tutela e promozione della concorrenza perseguite dalla legge delega e dai decreti attuativi (quello sulle partecipate e l’emanando decreto sui servizi pubblici locali). L’art. 1 co 2 del decreto in esame prevede, infatti, che “le disposizioni contenute nel presente decreto sono applicate avendo riguardo all’efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, alla tutela e promozione della concorrenza e del mercato, nonché alla razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica”.

Il risultato ottenuto è quello della introduzione di una disparità di trattamento in danno delle società pubbliche operanti in concorrenza.

Di seguito i principali contenuti del decreto in esame.

AMBITO DI APPLICAZIONE

Il decreto disciplina la costituzione di società da parte di amministrazioni pubbliche nonché l’acquisto, il mantenimento e la gestione di partecipazioni da parte delle PA in società a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta, costituite in forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata (art. 1, c.1).

L’ambito di applicazione è, quindi, particolarmente ampio e riferito a tutte le pubbliche amministrazioni (come definite all’art. 1 comma 2 del D.lgs. 16572001 (v. art. 2 comma 1 lettera a).

Come già affermato sopra, non è stata prevista l’esclusione generale delle società operanti in regime di mercato sulla base di affidamenti con gara. Tuttavia, al comma 9 dell’articolo 4 è prevista la possibilità per il Governo di deliberare attraverso un DPCM, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze o dell’organo di vertice dell’amministrazione partecipante, l’esclusione totale o parziale dell’applicazione delle disposizioni dell’art. 4 del T.U. a singole società a partecipazione pubblica (ciò può comportare la esclusione conseguente dalle previsioni degli artt.: 4, 5, 6, 20 e 24).

Il DPCM deve essere motivato con riferimento alla misura e qualità della partecipazione pubblica, agli interessi pubblici a essa connessi e al tipo di attività svolta, riconducibile alle finalità perseguibili di cui all’articolo 4, comma 1, anche al fine di agevolarne la quotazione ai sensi dell’articolo 18. Infine, deve anche essere trasmesso alle Camere ai fini della comunicazione alle Commissioni Parlamentari competenti.

SOCIETÀ QUOTATE

Per le società quotate (art. 1, comma 5) si prevede che le disposizioni del decreto trovino applicazione solo se espressamente previste.

Sono Società quotate (art. 2, comma 1, lett.p):

  • le società a partecipazione pubblica che emettono azioni quotate in mercati regolamentati;
  • le società che hanno emesso, alla data del 31 dicembre 2015, strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati;
  • le società partecipate dalle une o dalle altre, salvo che le stesse siano anche controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche”.

Il successivo articolo 26 prevede, al comma 3, che le pubbliche amministrazioni possano mantenere le partecipazioni nelle società quotate detenute alla data del 31.12.2015.

Inoltre, ai commi 4 e 5, che le disposizioni contenute nel T.U. non si applichino, nei 12 mesi successivi alla sua entrata in vigore, a:

  • Le società in partecipazione pubblica che abbiano deliberato la quotazione delle proprie azioni in mercati regolamentati con provvedimento comunicato alla Corte dei Conti. Qualora, entro il suddetto termine, la società interessata abbia presentato domanda di ammissione alla quotazione, il T.U. continuerà a non applicarsi ad essa fino alla conclusione del procedimento di quotazione (comma 4).
  • Le società in partecipazione pubblica che, entro il 30 giugno 2016, abbiano adottato atti volti all’emissione di strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati e li abbia comunicati alla Corte dei Conti entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del T.U. Qualora, entro il termine di 12 mesi, il procedimento di quotazione si sia concluso, il T.U continuerà a non applicarsi ad essa.
  • Sono comunque fatti salvi, anche in deroga all’art. 7, gli effetti degli atti volti all’emissione di strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati, adottati prima della data di entrata in vigore del presente decreto (comma 5).

 

QUOTAZIONE DI SOCIETÀ A CONTROLLO PUBBLICO (art. 18)

L’art. 18, comma 1, prevede che le società controllate da una o più amministrazioni pubbliche possono quotare azioni o altri strumenti finanziari in mercati regolamentati, a seguito di deliberazione adottata ai sensi dell’art. 5, c. 1 (motivazione analitica) e secondo le modalità di cui all’art. 7, comma 1 (costituzione di società).

L’atto deliberativo deve prevedere uno specifico programma avente ad oggetto il mantenimento o la progressiva dismissione del controllo pubblico sulla società quotata.

Viene comunque fatta salva al comma 3 la possibilità di quotazione in mercati regolamentati di società a partecipazione pubblica singolarmente individuate, soggette a regimi speciali in base ad apposite norme di legge.

DEFINIZIONI (art. 2)

Tra le definizioni contenute all’articolo 2 del decreto, è opportuno segnalare:

  1.  «controllo»la situazione descritta nell’articolo 2359 del codice civile. Il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all’attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo (lett. b);
  2. «controllo analogo»la situazione in cui l’amministrazione esercita su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, esercitando un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione partecipante (lett. c);
  3. «controllo analogo congiunto»la situazione in cui l’amministrazione esercita congiuntamente con altre amministrazioni su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. La suddetta situazione si verifica al ricorrere delle condizioni di cui all’articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (lett. d);
  4. «partecipazione indiretta»la partecipazione in una società detenuta da un’amministrazione pubblica per il tramite di società o altri organismi soggetti a controllo da parte della medesima amministrazione pubblica (lett. g);
  5. «società a controllo pubblico»le società in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lettera b) (lett. m);
  6. «società a partecipazione pubblica»le società a controllo pubblico, nonché le altre società partecipate direttamente da amministrazioni pubbliche o da società a controllo pubblico (lett. n);

 

TIPI DI SOCIETÀ CONSENTITE

Le pubbliche amministrazioni possono partecipare esclusivamente a società, anche consortili, costituite in forma di S.p.A. o di S.r.l, anche in forma cooperativa (art. 3). Nelle S.r.l. a controllo pubblico, l’atto costitutivo o lo statuto in ogni caso prevede la nomina dell’organo di controllo o di un revisore. Nelle S.p.A. a controllo pubblico la revisione legale dei conti non può essere affidata al collegio sindacale.

ATTIVITÀ CONSENTITE

Le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società (art. 4, c. 1).

Tale disposizione ripropone sostanzialmente quanto previsto dall’art. 3, comma 27, legge finanziaria 2008 (abrogato dall’articolo 28, lett. f), del decreto in esame).

Nei limiti di cui all’articolo 4
, comma 1, le PA possono, direttamente o indirettamente, costituire società ed acquisire o mantenere partecipazioni in società esclusivamente per lo svolgimento delle attività previste dal comma 2 tra le quali si segnalano, in quanto di interesse, le seguenti:

  1. Produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi (art. 4, comma 2, lett. a). L’art. 2, lett h) definisce i “servizi di interesse generale” come le “attività di produzione e fornitura di beni e servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza che le amministrazioni pubbliche, nellambito delle rispettive competenze, assumono come necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e della coesione sociale, ivi inclusi i servizi di interesse economico generale”.
  2. Progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’art. 193 del D. Lgs. 50/2016 (art. 4, comma 2, lett. b).
  3. Realizzazione e gestione di un’opera /organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale in regime di partenariato con un imprenditore privato selezionato con le modalità previste all’art. 17, commi 1 e 2 (art. 4, comma 2, lett. c).
  4. Autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti (art. 4, comma 2, lett. d). Il comma 5 dell’art. 4 prevede il divieto, fatte salve le diverse previsioni di legge regionali, alle società controllate da enti locali che svolgono tali attività di costituire a loro volta nuove società e di acquisire nuove partecipazioni in società. Tuttavia, questo divieto non si applica alle società che hanno come oggetto sociale esclusivo la gestione delle partecipazioni societarie di enti locali.
  5. Servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie (art. 4, comma 2, lett. e).

Anche in deroga a quanto a quanto previsto dall’art. 4, c. 1, invece, le amministrazioni pubbliche possono acquisire partecipazioni in società che devono avere come oggetto sociale esclusivo la valorizzazione del patrimonio delle amministrazioni stesse (art. 4, comma 3), tramite il conferimento di beni immobili allo scopo di realizzare un investimento secondo criteri propri di un qualsiasi operatore di mercato. Una deroga all’art. 4, c. 1, è inoltre prevista per le partecipazioni in società aventi per oggetto sociale prevalente la realizzazione e la gestione di impianti di trasporto a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane (art. 4, comma 7).

SOCIETÀ IN HOUSE E SOCIETÀ MISTE (ART. 16-17)

Si ricorda che è in corso di adozione (si attendono gli ultimi pareri delle Commissioni Parlamentari) il decreto legislativo recante “testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale”, la cui disciplina in materia di società in house e società miste necessariamente si interseca con quella contenute nel decreto in esame. Pertanto, per avere un quadro normativo completo anche per la disciplina degli affidamenti dei servizi pubblici locali alle società in questione, si dovrà attendere la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale anche dell’altro decreto sopra menzionato.

Società in house

Il decreto, all’articolo 2, lett. o), definisce società in house “le società sulle quali un’amministrazione esercita il controllo analogo o più amministrazioni esercitano il controllo analogo congiunto”.

Si sottolinea che l’articolo 4, comma 4, stabilisce che le società in house devono avere come oggetto sociale esclusivo una o più delle attività di cui alle lettere a), b), d) ed e) dell’art. 4, c. 2.

Inoltre l’articolo 16, dedicato appunto alle società in house, prevede innanzitutto:

  • il divieto di partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto,
  • il divieto per il capitale privato di avere l’esercizio di un’influenza determinante sulla società controllata, come condizione per ricevere affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo o da ciascuna delle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo congiunto (comma 1).

Il comma 2 precisa che i requisiti del controllo analogo possono essere acquisiti anche mediante conclusione di patti parasociali che, peraltro, possono, in deroga al Codice Civile, avere durata superiore a cinque anni.

Gli statuti delle società in house devono prevedere che oltre l’80% del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti ad esse affidati dall’ente pubblico (comma 4). La produzione ulteriore rispetto al suddetto limite di fatturato è consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza.

Il mancato rispetto di questo limite quantitativo costituisce grave irregolarità ai sensi dell’art. 2409 c.c. e dell’art. 15 del decreto (comma 5) che può essere sanata rinunciando, entro tre mesi, a una parte dei rapporti di fornitura con soggetti terzi, sciogliendo i relativi rapporti contrattuali, ovvero rinunciando agli affidamenti diretti da parte dell’ente o degli enti pubblici soci. Infine, il comma 6 dell’articolo 16 prevede la possibilità per le società in house, qualora scelgano di rinunciare agli affidamenti diretti, di continuare la propria attività, purché sussistano i requisiti di cui all’articolo 4 (attività consentite).

Società a partecipazione mista pubblico privata (art. 17)

Nelle società a partecipazione mista, costituite per la realizzazione e gestione di un’opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio di interesse economico generale (art. 4, c. 2, lett. c), la quota di partecipazione del soggetto privato non può essere inferiore al 30% e la selezione del medesimo si svolge con procedure di evidenza pubblica a norma dell’art. 5, c. 9, del Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. 50/2016) e ha a oggetto al contempo, la sottoscrizione o l’acquisto della partecipazione societaria da parte del socio privato e l’affidamento del contratto di appalto o di concessione oggetto esclusivo dell’attività della società mista(comma 1).

La durata della partecipazione privata alla società non può essere superiore alla durata dell’appalto o della concessione e lo statuto deve prevedere meccanismi relativi allo scioglimento della società in caso di risoluzione del contratto di servizio (comma 3). Il comma 4 contiene previsioni ulteriori sugli statuti e i patti parasociali.

Al fine di ottimizzare la realizzazione e la gestione di più opere e servizi, anche non simultaneamente assegnati, la società può emettere azioni correlate ai sensi dell’articolo 2350, secondo comma, del codice civile, o costituire patrimoni destinati o essere assoggettata a direzione e coordinamento da parte di un’altra società.

Inoltre il comma 6 stabilisce che “alle società di cui al presente articolo che non siano organismi di diritto pubblico, costituite per la realizzazione di lavori o opere o per la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di concorrenza, limitatamente alla realizzazione dell’opera pubblica o alla gestione del servizio per i quali sono state specificamente costituite non si applicano le disposizioni del decreto legislativo n. 50 del 2016, se ricorrono le seguenti condizioni:

a) la scelta del socio privato è avvenuta nel rispetto di procedure di evidenza pubblica;

b) il socio privato ha i requisiti di qualificazione previsti dal decreto legislativo n. 50 del 2016 in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita;

c) la società provvede in via diretta alla realizzazione dell’opera o del servizio, in misura superiore al 70% del relativo importo”.

COSTITUZIONE SOCIETÀ – GESTIONE E ALIENAZIONE DELLE PARTECIPAZIONI (art. 7-10)

1. Oneri di motivazione analitica (art. 5)

Ad eccezione dei casi in cui la costituzione di una società o l’acquisto di una partecipazione, anche attraverso aumento di capitale, avvenga in conformità a espresse previsioni legislative, l’atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione, anche nei casi dell’art. 17 (società miste) o di acquisto di partecipazioni, anche indirette, in società già costituite da parte della P.A. deve essere motivato analiticamente con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all’articolo 4, evidenziando, altresì, le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria e in considerazione della possibilità di destinazione alternativa delle risorse pubbliche impegnate, nonché di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato.

La motivazione deve anche dare conto della compatibilità della scelta con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa (articolo 5, comma 1).

L’atto deliberativo deve essere inviato alla Corte dei Conti, a fini conoscitivi, e all’AGCM, che può esercitare i poteri di cui all’art. 21-bis della L. 287/1990 (articolo 5, comma 3).

2. Atto deliberativo (art 7)

Il successivo art. 7 comma 1 prevede che la deliberazione di partecipazione di una P.A. alla costituzione di una società (ndr ex art. 8 anche per l’acquisizione di partecipazioni in società già costituite, ex art. 9 anche per conclusione, modificazione o scioglimento di patti parasociali) sia adottata con:
a) D.P.C.M. in caso di partecipazioni statali;
b) Provvedimento del competente organo della regione in caso di partecipazioni regionali;
c) deliberazione del consiglio comunale, in caso di partecipazioni comunali;
d) delibera dell’organo amministrativo dell’ente in tutti gli altri casi di partecipazioni pubbliche.

L’atto deliberativo deve essere redatto in conformità a quanto previsto all’art. 5, c. 1 (motivazione analitica) e contenere l’indicazione degli elementi essenziali dell’atto costitutivo, come previsti dagli articoli 2328 e 2463 del codice civile e deve essere infine pubblicato sui siti istituzionali dell’amministrazione pubblica partecipante. Il comma 5 rammenta che in caso sia prevista la presenza di soci privati, questi vanno scelti secondo procedure di evidenza pubblica.
L’inesistenza, la nullità o annullamento dell’atto deliberativo comporta la liquidazione della partecipazione ai sensi dell’art. 24 (art. 7 co 6).
Il successivo art. 8 prevede che le operazioni, anche mediante sottoscrizione di un aumento di capitale o partecipazione a operazioni straordinarie, di acquisto da parte di un’amministrazione pubblica di partecipazioni in società già esistenti, debbano essere deliberate secondo le modalità di cui all’art. 7, commi 1 e 2 (atto deliberativo ed onere di motivazione).
Inoltre, tale disciplina si applica all’acquisto di partecipazioni in società quotate da parte di pubbliche amministrazioni, unicamente nei casi in cui l’operazione comporti l’acquisto della qualità di socio (comma 3).

3. Gestione delle partecipazioni (art 9)

L’art. 6 detta alcuni principi per la gestione delle partecipazioni cui le società devono attenersi. Sul punto si ritornerà in seguito.

L’art. 9 detta le regole, valevoli anche per le società quotate (co. 9) per l’individuazione dei soggetti titolati per le amministrazioni statali, regionali e locali all’esercizio dei diritti di socio. Come già evidenziato sub art. 7 la disciplina dei patti parasociali segue le regole dell’art. 7 comma 1.

I commi 7 ed 8 disciplinano la nomina e revoca di amministratori ex art. 2449 Codice Civile (si veda più avanti il paragrafo su amministratori).

4. Alienazione di partecipazioni sociali (articolo 10)

Il comma 1 individua i soggetti titolati, per le amministrazioni statali, regionali e locali, all’adozione degli atti deliberativi di alienazione o costituzione di vincoli su partecipazioni sociali (Consiglio Comunale).

L’alienazione delle partecipazioni è effettuata nel rispetto dei principi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione. In casi eccezionali, a seguito di deliberazione motivata dell’organo competente, che dà analiticamente atto della convenienza economica dell’operazione, con particolare riferimento alla congruità del prezzo di vendita, l’alienazione può essere effettuata mediante negoziazione diretta con un singolo acquirente È fatto salvo il diritto di prelazione dei soci eventualmente previsto dalla legge o dallo statuto (comma 2).

Infine, il comma 3 prevede che la mancanza o invalidità dell’atto deliberativo avente ad oggetto l’alienazione della partecipazione rende inefficace l’atto di alienazione della partecipazione.

ADEMPIMENTI IN CAPO ALLE SOCIETÀ A CONTROLLO PUBBLICO

Il T.U. pone in capo alle società a controllo pubblico una serie di adempimenti e vincoli tra cui si segnalano i seguenti:

  • Separazione contabile: per le società a controllo pubblico che svolgono attività economiche protette da diritti speciali od esclusivi insieme con altre attività svolte in regime di economia di mercato, in deroga all’obbligo di separazione societaria ex art. 8, c. 2-bis, della Legge Antitrust (287/1990), è prevista l’adozione di sistemi di contabilità separata per le attività oggetto di diritti speciali od esclusivi e per le altre attività (art. 6, comma 1). Pare opportuno evidenziare come la deroga alla norma antitrust sia prevista solo per le società in controllo pubblico. L’ambito applicativo della norma antitrust sembra, invece, avere un ambito di applicazione più ampio come evidenziato anche dal Consiglio di Stato che suggeriva l’estensione della deroga anche alle società con gara ed alle società private.
  • Predisposizione di specifici programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale, di cui l’assemblea è informata in occasione dell’approvazione di bilancio (art. 6, comma 2) .
  • Valutazione, in considerazione delle dimensioni e delle caratteristiche organizzative nonché dell’attività svolta, sulla opportunità di integrare gli strumenti di governo societario con alcuni presidi (art. 6, comma 3) ovvero:
    • o regolamenti interni volti a garantire la conformità delle attività della società alle norme di tutela della concorrenza nonché alle norme di tutela della proprietà industriale o intellettuale;
    • o ufficio controllo interno
    • o codici di condotta propri o adesione a codici di condotta collettivi aventi ad oggetto la disciplina dei comportamenti imprenditoriali nei confronti di consumatori, utenti, dipendenti e collaboratori, nonché altri portatori di legittimi interessi coinvolti nell’attività della società;
    • o programmi di responsabilità sociale di impresa.
  • Predisposizione di una relazione sul governo societario a chiusura dell’esercizio sociale da pubblicare contestualmente al bilancio di esercizio. La relazione deve contenere anche le motivazioni che spingono la società a non integrare strumenti di governo come sopra richiamati (articolo 6, commi 4 e 5).
  • Garanzia del massimo livello di trasparenza sull’uso delle proprie risorse e sui risultati ottenuti secondo le previsioni del d.lgs. 33/2013 (articolo 22).
  • Adeguamento degli statuti. L’articolo 26 prevede che le società a controllo pubblico già costituite all’atto di entrata in vigore del presente decreto adeguino i propri statuti secondo le disposizioni del presente decreto entro il 31 dicembre 2016.

 

DISCIPLINA ORGANI AMMINISTRATIVI E DI CONTROLLO (art. 11)

L’art. 11 detta una compiuta disciplina degli organi amministrativi e di controllo delle società in controllo pubblico operando una ricognizione delle disposizioni vigenti e dettandone di nuove.

Si evidenzia che il comma 16 prevede che nelle società a partecipazione pubblica ma non a controllo pubblico, l’amministrazione pubblica che sia titolare di una partecipazione pubblica superiore al 10% del capitale propone agli organi societari l’introduzione di misure analoghe a quelle di cui ai commi 6 e 10 (sui limiti agli emolumenti di amministratori e dirigenti) per le società a controllo pubblico.

Requisiti
I componenti degli organi amministrativi e di controllo devono possedere, salvi gli ulteriori requisiti previsti negli statuti, i requisiti di onorabilità, professionalità e autonomia stabiliti con successivo D.P.C.M (comma 1).

Resta fermo quanto disposto dall’art. 12 del D.Lgs. 39/2013 (incompatibilità tra incarichi dirigenziali interni ed esterni e cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle amministrazioni statali, regionali e locali) e dall’articolo 5, comma 9 DL 95/2012 (divieto di conferire incarichi o cariche in organi di governo a soggetti in quiescenza) .

Composizione
L’organo amministrativo delle società in controllo pubblico è costituito di norma da un amministratore unico (comma 2).

Con l’adozione di un DPCM, da adottarsi entro 6 mesi dall’entrata in vigore del decreto verranno individuati i criteri in base ai quali, per specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa, l’assemblea della società a controllo pubblico può disporre che la società sia amministrata da un consiglio di amministrazione composto da 3 a 5 membri ovvero che sia adottato uno dei sistemi alternativi di amministrazione e controllo previsti dal codice civile (comma 3).

Si segnala che l’art. 28 comma 1 lettere o) e p) abroga l’art. 4 comma 4 (primo e terzo periodo) e comma 5 (primo periodo) del decreto-legge 95/2012 che contenevano regole sulla composizione prevedendo (sia per le società “strumentali” sia per le altre società 100% pubbliche) la facoltà di nomina di un Amministratore unico.

L’art. 28 comma 1 lettera e) del decreto abroga contestualmente anche l’art. 1 commi 725, 726,727,728,729,730,733,73 della Finanziaria per il 2007 (29672006) che, come si ricorderà, prevedeva specifiche disposizioni in materia di composizione ed emolumenti degli organi amministrativi delle società a controllate e partecipate da Enti Locali.

Tra questi il comma 729 che conteneva regole per la composizione dei consigli di amministrazione anche delle società miste per le quali le limitazioni numeriche erano valevoli solo per i componenti di designazione pubblica.

Ulteriori disposizioni prevedono, sempre per le società controllate, il requisito dell’equilibrio tra i generi, almeno nella misura di un terzo da computare sul numero complessivo delle designazioni o nomine effettuate in corso d’anno (comma 4). In caso di organo collegiale trova applicazione la legge 120/2011 (quote di genere).

Ai sensi del comma 9 gli statuti delle società controllate devono prevedere:

  • l’attribuzione da parte del Consiglio di Amministrazione di deleghe di gestione a un solo amministratore o, ove preventivamente autorizzata dall’assemblea, al presidente;
  • l’esclusione della carica di vicepresidente o che la carica sia attribuita esclusivamente quale modalità di sostituzione del presidente per assenza o impedimento, senza compensi aggiuntivi.

Nomina e casi di inconferibilità ed incompatibilità
Ai sensi dell’art. 9 co. 7, qualora lo statuto della società partecipata preveda ai sensi dell’art. 2449 del codice la facoltà del socio pubblico di nominare o revocare direttamente uno o più componenti di organi interni della società, i relativi atti sono efficaci dalla data di ricevimento, da parte della società, della comunicazione dell’atto di nomina o revoca. E’ fatta salva l’applicazione dell’art. 2400 II co. Codice Civile (durata in carica per tre esercizi). La mancanza o invalidità dell’atto deliberativo interno di nomina o revoca è causa di invalidità dell’atto anche nei confronti della società.

L’art. 11 comma 14 rimanda poi in via generale alle disposizioni in materia di inconferibilità ed incompatibilità di cui al D.lgs. 39/2013, mentre alcuni casi specifici sono previsti ai commi 8, 11 e 12 dell’articolo 11.

In particolare, il comma 8 disciplina una fattispecie oggetto di numerosi e spesso contrastanti interventi normativi prevedendo che gli amministratori delle società a controllo pubblico non possano essere dipendenti delle amministrazioni pubbliche controllanti o vigilanti. Qualora lo siano, dovranno rassegnare le dimissioni entro 6 mesi dall’entrata in vigore del presente decreto: 23 marzo 2017 (art. 26, comma 10).

Qualora siano dipendenti della società controllante, in virtù del principio di onnicomprensività della retribuzione e fatto salvo il diritto alla copertura assicurativa e al rimborso delle spese documentate, essi hanno l’obbligo di riversare i relativi compensi alla società di appartenenza.

Dall’applicazione di tale norma non possono derivare aumenti della spesa complessiva per i compensi degli amministratori.

Le società a controllo pubblico devono adeguarsi a tale previsione entro sei mesi dall’entrata in del T.U. (art. 26, c. 10).

Il successivo comma 11 si ricollega a quanto previsto al comma 8 prevedendo per le società controllate indirettamente dalle pubbliche amministrazioni, la facoltà di nominare nei Consigli di Amministrazione o di gestione, amministratori della società controllante a condizione che siano loro attribuite deleghe gestionali a carattere continuativo o che siano necessarie le particolari e comprovate competenze tecniche degli amministratori in questione o ancora che ciò sia necessario per favorire l’esercizio della attività di direzione e coordinamento.

Viene contestualmente abrogato l’art. 4 comma 4 del decreto-legge 95/2012 (art. 28 lettere o) e p) che disciplinava la materia.

Il comma 12 disciplina il caso in cui il soggetto che abbia un rapporto di lavoro con la società in controllo pubblico sia al tempo stesso componente degli organi di amministrazione della società con cui è instaurato il rapporto di lavoro.

Tale ipotesi, già variamente disciplinata da diverse disposizioni di legge (art. 3 comma 44 legge finanziaria per il 2008, D.lgs. 39/2012) determina il collocamento in aspettativa non retribuita e con sospensione ai fini previdenziali ed assistenziali salvo che rinuncino ai compensi dovuti a qualsiasi titolo agli amministratori.

Trattamento economico
Mediante l’adozione di un decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze (comma 6) saranno definiti, previo parere delle Commissioni Parlamentari e della Conferenza Unificata, gli indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi al fine di individuare fino a cinque fasce per la classificazione delle società a controllo pubblico. Questo decreto dovrà essere adottato entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto (art. 26, c. 8).

Per ciascuna fascia è determinato, in proporzione, il limite dei compensi massimi al quale gli organi di dette società devono fare riferimento, secondo criteri oggettivi e trasparenti, per la determinazione del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai titolari e componenti degli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di euro 240000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni o da altre società a controllo pubblico.

Sono fatte salve le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono limiti ai compensi inferiori a quelli previsti dal decreto di cui sopra. Si segnala anche qui l’abrogazione dell’art. 1 commi 725,726,727,728,730,733,735 della legge finanziaria per il 2007 che, come si ricorderà, prevedeva, per l società a partecipazione pubblica di Enti Locali, limiti percentuali rapportati alle indennità del Sindaco o del Presidente della provincia.

Fino all’adozione del decreto resta in vigore l’art. 4, co 4, secondo periodo del decreto-legge 95/2012 (A decorrere dal 1ºgennaio 2015, il costo annuale sostenuto per i compensi degli amministratori di tali societa’, ivi compresa la remunerazione di quelli investiti di particolari cariche, non può superare l’80 per cento del costo complessivamente sostenuto nell’anno 2013) applicabile, come noto, alle società a totale partecipazione pubblica diretta o indiretta.

Il decreto dovrà stabilire, altresì, i criteri di determinazione della parte variabile della remunerazione, commisurata ai risultati di bilancio raggiunti dalla società nel corso dell’esercizio precedente. In caso di risultati negativi attribuibili alla responsabilità dell’amministratore, la parte variabile non può essere corrisposta.

Inoltre, gli statuti delle società a controllo pubblico (art.11, comma 9) devono prevedere:
a) divieto di corrispondere gettoni di presenza o premi di risultato deliberati dopo lo svolgimento dell’attività, e il divieto di corrispondere trattamenti di fine mandato, ai componenti degli organi sociali;
b) il divieto di istituire organi diversi da quelli previsti dalle norme generali in tema di società.

Inoltre, il comma 10 prevede il divieto di corrispondere ai dirigenti delle società in controllo pubblico indennità o trattamenti di fine mandato, diversi e ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva, e di stipulare patti o accordi di non concorrenza, anche ai sensi dell’art. 2125 c.c.

Prorogatio
Agli organi di amministrazione e controllo delle società in house si applica il D.L. 293/1994, recante la disciplina della proroga degli organi amministrativi scaduti(art. 11, c. 15).

RESPONSABILITÀ ORGANI DELLE SOCIETÀ PARTECIPATE (ART. 12)

I componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, salva la giurisdizione della Corte dei Conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house. Per le altre società, sono devolute alla giurisdizione della Corte dei Conti le controversie in materia di danno erariale nei limiti della quota di partecipazione pubblica (comma 1).

Il comma 2 stabilisce che “costituisce danno erariale il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito dagli enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che nell’esercizio dei propri diritti di socio abbiano con dolo o colpa grave pregiudicato il valore della partecipazione”.

 

GESTIONE DEL PERSONALE (articoli 19 e 25)

Gli articoli 19 e 25 dettano una compiuta disciplina della gestione del personale da parte delle società in controllo pubblico in parte riproponendo norme già esistenti nell’ordinamento e che contestualmente vengono abrogate, in parte dettando disposizioni con valenza novativa.

L’art. 19, c. 1, stabilisce che, salvo quanto previsto dal decreto in esame, ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico si applicano le disposizioni del capo I, titolo II, libro V del codice civile, dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, incluse quelle in materia di ammortizzatori sociali, secondo quanto previsto dalla normativa vigente (tale ultima precisazione appare importante in quanto, come è noto, nel settore del trasporto pubblico non trovano applicazione gli strumenti tradizionali quali la CIG) , e dai contratti collettivi.

Per quanto riguarda il reclutamento del personale, si prevede che le società in controllo pubblico ne stabiliscano i criteri e le modalità con propri provvedimenti, nel rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei principi di cui all’art. 35 del D.Lgs. 165/2001. Viene contestualmente abrogato (art. 28 lettera g) l’art. 18 commi 1,2,3 del decreto-legge 11272008 che prevedeva disposizioni analoghe sia pure con qualche differenziazione rispetto al testo adottato con il decreto in esame. Non viene più riproposta, infatti, la distinzione di adempimenti tra società a totale partecipazione pubblica gerenti servizi pubblici locali e altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo.

Il decreto precisa, altresì che in caso di mancata adozione dei suddetti provvedimenti, trova diretta applicazione l’art. 35, c. 3, del D. Lgs. 165/2001 (comma 2). I provvedimenti devono essere pubblicati sul sito web della società (comma 3) pena l’applicazione degli articoli 22, 46,47 del D.lgs. 33/2013 (trasparenza) che prevedono divieto di erogazione di somme da parte delle pubbliche amministrazioni nonché le sanzioni per l’inadempimento.

Altra novità prevista dal decreto è rappresentata dalla previsione espressa della nullità dei contratti di lavoro stipulati in assenza dei suddetti provvedimenti o delle procedure di cui sopra salvo quanto previsto dall’articolo 2126 c.c., ai fini retributivi (salvezza prestazioni di fatto eseguite).

In tema di contenimento dei costi (articolo 19, commi 5 e 6):

  • Le PA fissano con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale delle società controllate, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale e tenuto conto di quanto previsto dall’art. 25 e delle eventuali disposizioni che stabiliscono, a loro carico, divieti e limitazioni alle assunzioni di personale.
  • Le società a controllo pubblico garantiscono il concreto perseguimento degli obiettivi contenuti nei provvedimenti delle PA, tramite propri provvedimenti da recepire, nel caso del contenimento degli oneri contrattuali, ove possibile, in sede di contrattazione di secondo livello.
  • I provvedimenti ed i contratti citati devono essere pubblicati sui siti web delle società e delle amministrazioni, pena anche qui l’applicazione delle sopraindicate norme del D.lgs. 33/2013

Tali commi ripropongono quanto previsto dall’art. 18 comma 2-bis del D.lgs. 112/2008 che, come si ricorderà, ha formato oggetto di diversi interventi di modifica legislativa oltre che di contrastanti pronunciamenti giurisprudenziali. Il comma 2-bis dell’art. 18 citato non viene abrogato ma modificato con l’espunzione delle “società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo” dall’ambito di applicazione, per cui lo stesso trova oggi applicazione esclusivamente per le “aziende speciali e le istituzioni” (art. 27, c.1).

Infine, l’art. 19, c. 8, stabilisce che “le pubbliche amministrazioni titolari di partecipazioni di controllo in società, in caso di reinternalizzazione di funzioni o servizi esternalizzati, affidati alle società stesse, procedono, prima di poter effettuare nuove assunzioni, al riassorbimento delle unità di personale già dipendenti a tempo indeterminato da amministrazioni pubbliche e transitate alle dipendenze della società interessata dal processo di reinternalizzazione, mediante l’utilizzo delle procedure di mobilita’ di cui all’articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e nel rispetto dei vincoli in materia di finanza pubblica e contenimento delle spese di personale. Il riassorbimento può essere disposto solo nei limiti dei posti vacanti nelle dotazioni organiche dell’amministrazione interessata e nell’ambito delle facoltà assunzionali disponibili”.

Sempre in materia di personale l’art. 25 detta disposizioni transitorie di grande impatto per le società.

  1. Entro 6 mesi dall’entrata in vigore del presente decreto, le società a controllo pubblico effettuano una ricognizione del personale in servizio, per individuare eventuali eccedenze. L’elenco del personale eccedente con la puntuale indicazione dei profili posseduti deve essere trasmesso alla Regione nel cui territorio ha sede legale, secondo modalità stabilite da un decreto interministeriale. Le Regioni formano e gestiscono l’elenco dei lavoratori dichiarati eccedenti e agevolano processi di mobilità in ambito regionale (commi 1 e 2) secondo le modalità previste dal citato decreto.
  2. Decorsi ulteriori 6 mesi dalla scadenza del suindicato termine le Regioni trasmettono gli elenchi dei lavoratori dichiarati eccedenti e non ricollocati all’Agenzia per le politiche attive del lavoro, che gestisce l’elenco nazionale (comma 3).
  3. Fino al 30 giugno 2018 (termine abbreviato di sei mesi rispetto a quanto previsto dallo schema di decreto), le società in controllo pubblico non possono procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato se non attingendo a questi elenchi (comma 4). I rapporti di lavoro stipulati in violazione delle disposizioni sopra richiamate sono nulli e i relativi provvedimenti costituiscono grave irregolarità ai sensi dell’art. 2409 c.c. (comma 6).
  4. Può essere autorizzato (rispettivamente dalle Regioni e dall’Agenzia nei termini di propria competenza) l’avvio di procedure di assunzione ai sensi dell’art. 19 esclusivamente ove sia indispensabile personale con profilo infungibile (comma 5), inerente a specifiche competenze e lo stesso non sia disponibile negli elenchi (regionale e nazionale). È da sottolineare una interpretazione sostenuta da più parti secondo la quale, in assenza degli elenchi, ogni categoria di personale sia, di fatto, infungibile. Rimane da chiedersi se anche in tale caso occorra l’autorizzazione della Regione.

Sono escluse dall’applicazione della disciplina transitoria in materia di personale (art. 25) le società miste a prevalente capitale privato che producono servizi di interesse generale e che nei tre esercizi precedenti abbiano prodotto un risultato positivo (comma 20).

L’articolo 28, lett. t), ha previsto inoltre l’abrogazione delle norme sulla mobilità del personale (commi 563-568, 568ter-569-bis legge 147/2013), fermo restando che le disposizioni di cui all’art. 1, commi da 565 a 568 della Legge 147/2013 continuano ad applicarsi alle sole procedure in corso alla data di entrata in vigore del decreto (art. 19, c. 9).

CRISI D’IMPRESA (articolo 14)

Le società a partecipazione pubblica sono soggette alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi (comma 1).

La norma ha un impatto rilevante per il settore dal momento che sancisce espressamente, ponendo fine ad un dibattito dottrinale e giurisprudenziale caratterizzato da orientamenti contrastanti, la fallibilità delle società pubbliche. Né alcuna differenziazione viene posta in ordine alla natura della società: se controllata o meramente partecipata, se in house o in regime di concorrenza. Circostanza questa che, a dire il vero, evidenzia la natura imprenditoriale dell’attività svolta dalle imprese pubbliche..

Le PA non possono, salvo quanto previsto dagli art. 2447 e 2482-ter Codice Civile, effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore di società partecipate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali (art. 14, c. 5).
Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti alle società sopra richiamate a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti, purché le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento, approvato dall’Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti con le modalità di cui all’articolo 5, che contempli il raggiungimento dell’equilibrio finanziario entro tre anni. Possono, dunque, essere autorizzati gli interventi di cui sopra, previa richiesta dell’amministrazione interessata, con DPCM adottato su proposta del MEF e degli altri Ministri competenti e previa registrazione alla Corte dei Conti, al fine di salvaguardare la continuità della prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico.

VIGILANZA E CONTROLLO SULLE SOCIETÀ

Controllo giudiziario (articolo 13):

per le società in controllo pubblico ciascuna amministrazione pubblica socia, indipendentemente dall’entità della partecipazione di cui è titolare, è legittimata a presentare denunzia di gravi irregolarità al tribunale.

Monitoraggio, indirizzo e coordinamento sulle società a partecipazione pubblica (articolo 15):

Presso il MEF è individuata una struttura competente per il controllo e monitoraggio sull’attuazione del decreto che:

  1. fornisce orientamenti e indicazioni in materia di applicazione del T.U.;
  2. promuove le migliori pratiche presso le società a partecipazione pubblica, adotta nei confronti delle società direttive sulla trasparenza e sulla separazione contabile e verifica il loro rispetto;
  3. tiene un elenco pubblico, accessibile anche in via telematica, di tutte le società a partecipazione pubblica esistenti.
  4. Stabilisce modalità e termini per l’invio, da parte delle pubbliche amministrazioni e delle società a partecipazione pubblica delle segnalazioni, dei documenti, dei bilanci e dei documenti di cui all’art. 6.

Inoltre i poteri ispettivi del Dipartimento funzione pubblica e Ragioneria dello Stato ex art. 6 comma 3 decreto-legge 9572012 sono estesi nei confronti di tutte le società a partecipazione pubblica (art.15, comma 5).

RAZIONALIZZAZIONE PERIODICA DELLE PARTECIPAZIONI PUBBLICHE E REVISIONE STRAORDINARIA DELLE PARTECIPAZIONI (Artt. 20 e 24)

Entro il 31 dicembre di ogni anno le PA effettuano, con proprio provvedimento un’analisi dell’assetto complessivo delle società in cui detengono partecipazioni dirette o indirette, predisponendo un piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione, qualora, in sede di analisi, rilevino:
a) partecipazioni societarie che non rientrino in alcuna delle categorie di cui all’articolo 4;
b) società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;
c) partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali;
d) partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro;
e) partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d’interesse generale che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti;
f) necessità di contenimento dei costi di funzionamento;
g) necessità di aggregazione di società aventi ad oggetto le attività consentite all’articolo 4.

I piani di razionalizzazione sono corredati da una relazione tecnica, con specifica indicazione di modalità e tempi di attuazione, e devono essere trasmessi alla struttura competente per il controllo e il monitoraggio dell’attuazione del T.U. individuata presso il MEF e alla sezione di controllo della Corte dei Conti competente.

Entro il 31 dicembre dell’anno successivo le PA predispongono una relazione sull’attuazione del piano di razionalizzazione evidenziando i risultati conseguiti.

Disciplina transitoria: salva l’immediata applicazione della disciplina sulla revisione straordinaria (art. 24), si procederà alla razionalizzazione periodica a partire dal 2018, con riferimento alla situazione al 31 dicembre 2017.

L’art. 24 detta poi le regole per la revisione straordinaria delle partecipazioni prevedendo che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto le PA devono effettuare, con provvedimento motivato, la ricognizione di tutte le partecipazioni dirette ed indirette possedute alla medesima data, individuando quelle che devono essere alienate o oggetto delle misure di cui all’art. 20 (piani di riassetto). Il provvedimento deve essere inviato alla competente Corte dei Conti ed alla struttura del MEF indicata all’art. 15.

L’alienazione va effettuata entro un anno dalla conclusione della ricognizione.

In caso di mancata adozione dell’atto ricognitivo ovvero di mancata alienazione entro i termini previsti, il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali nei confronti della società e, salvo in ogni caso il potere di alienare la partecipazione, la medesima è liquidata in denaro in base ai criteri stabiliti dall’art. 2437-ter, comma 2, c.c. e seguendo il procedimento di cui all’art. 2437-quater del c.c.

Infine, al fine di favorire i processi di revisione straordinaria delle partecipazioni, in occasione della prima gara successiva alla cessazione dell’affidamento in favore della società a controllo pubblico interessato di tali processi, il rapporto di lavoro del personale già impiegati nell’appalto o nella concessione continua con il subentrante nell’appalto o nella concessione ai sensi dell’articolo 2112 del c.c.

DISPOSIZIONI FINANZIARIE SULLE SOCIETÀ PARTECIPATE DA AMMINISTRAZIONI LOCALI (art. 21)

Nel caso di risultato di esercizio negativo (per risultato si intende, per le società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica, la differenza tra valore e costi della produzione ai sensi del 2425 c.c.) le P.A. che adottano la contabilità finanziaria accantonano nell’anno successivo in apposito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione. Le P.A. locali che adottano la contabilità civilistica adeguano il valore della partecipazione, nel corso dell’esercizio successivo, all’importo corrispondente alla frazione del patrimonio netto della società partecipata ove il risultato negativo non venga immediatamente ripianato e costituisca perdita durevole di valore.

Al comma 2 dell’art. 21 sono previste le modalità attraverso le quali procedere, per il triennio 2015-2017, agli accantonamenti di cui sopra in presenza di adozione della contabilità finanziaria.

È opportuno evidenziare che i commi 1 e 2 dell’art. 21 riproducono il contenuto dell’art. 1, commi 551 e 552, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014) con riferimento alle sole società partecipate dalle amministrazioni locali, laddove i commi 551 e 552 hanno, come ambito soggettivo di applicazione, le aziende speciali, le istituzioni, le società partecipate dalle pubbliche amministrazioni di cui all’elenco Istat. Infatti, in sede di coordinamento con la legislazione vigente all’art. 27, c. 2, lett. a), si prevede la modifica comma 550 della legge di stabilità 2014, la limitazione dell’ambito di applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 551 a 562 della stessa legge alle sole aziende speciali e istituzioni.