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L’esclusione automatica delle offerte anomale dagli appalti, nel nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016)

Difficilmente, per acquistare un qualsiasi prodotto, una persona di normale buonsenso accetterebbe di farsi condurre bendata in un negozio individuato a caso, di essere collocata -sempre bendata-dinanzi allo scaffale con varie marche del prodotto, per “pescare” infine del tutto casualmente quello da acquistare, indipendentemente dal prezzo.

Ancor più difficilmente, una persona di anche minimo buonsenso accetterebbe spontaneamente di lavorare e guadagnare solo a condizione di vincere una lotteria, dovendo altrimenti restare privo di occupazione e privo di guadagno sino alla lotteria successiva.

Eppure.

Eppure questo è proprio il modello proposto dal nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016), per un numero imponente di appalti pubblici: la sorte, quale metodo di aggiudicazione.

In linea teorica, o meglio in apparenza, il Codice avrebbe tutt’altra impostazione, invitando i soggetti aggiudicatori [1] a scegliere il contraente sulla base del metodo della “offerta economicamente più vantaggiosa”; cioè, attraverso una comparazione tra qualità dell’offerta tecnica e prezzo offerto.

Le uniche eccezioni espresse [2] sono rappresentate dalle tre tipologie di appalto indicate all’articolo 95 comma 4, secondo cui possono essere aggiudicati al prezzo più basso, e dunque senza tener conto della qualità:

  1. gli appalti di lavori fino ad un milione di Euro;
  2. i servizi e le forniture «con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono stabilite dal mercato»;
  3. i servizi e le forniture di importo inferiore alla c.d. “soglia comunitaria” (209.000,00 € per gli appalti ordinari, 418.000,00 € per i settori speciali), caratterizzati da elevata ripetitività.

Come anticipato, si tratta di un numero rilevantissimo di contratti. Basti considerare che gli appalti di lavori di importo inferiore ad un milione di Euro rappresentano (dati 2014) circa l’84% del totale degli appalti pubblici di lavori indetti in Italia.

La logica sottesa all’aggiudicazione al prezzo più basso / minor costo [3] è rappresentata dalla sostanziale indifferenza agli aspetti qualitativi, in questi tipi di appalti.

Ora, se davvero questi contratti fossero aggiudicati al prezzo più basso, non sorgerebbe problema: tornando alla rappresentazione metaforica iniziale, qualsiasi persona di buonsenso, a parità di qualità, tende a scegliere il prodotto che costa meno.

Sennonché…

Sennonché interviene a questo punto il “meccanismo di esclusione delle offerte anomale”.

In base all’articolo 97 comma 8 del Codice, quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso, e dunque in tutti gli appalti sopra indicati [4], l’ente appaltante può decidere di escludere automaticamente le offerte “anomale”; ovvero, le offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla “soglia di anomalia”, calcolata in base al comma 2 dello stesso articolo 97.

Dal canto suo, il richiamato comma 2 prevede cinque diversi metodi matematici di calcolo della soglia di anomalia, basati su differenti operazioni di correzione delle medie dei ribassi.

In particolare, dei cinque metodi:

  • tre (lettere ab ed e) mantengono il sinora vigente meccanismo di “media con taglio delle ali, corretta con ulteriore media al rialzo” (c.d. “Media mediata, con taglio delle ali”), correggendolo però alle lettere b ed e con un’ulteriore operazione, eventuale (lettera b) o necessaria (lettera e);
  • uno (lettera c) muove dalla media delle percentuali di ribasso, senza il taglio delle ali, maggiorandola del 20% (si tratta del metodo previsto a suo tempo dall’art. 25 del D.Lgs. 157/1995);
  • uno (lettera d), infine, muove dalla media degli sconti, in valori assoluti, riducendola del 20%.

Siamo nella pura matematica, con riflessi propri della scienza statistica.

Ma dovendo recepire la matematica nella realtà, si deve constatare che ciascuno dei metodi risulta in sé assolutamente casuale, dato che dipende non da valori prefissati, bensì dalle offerte che concretamente pervengano in gara; pertanto, i concorrenti non hanno modo di formulare un’offerta che, a priori, possa avere minori o maggiori probabilità di risultare aggiudicataria, a seconda del metodo concretamente applicato.

Inoltre, anche la scelta tra un metodo e l’altro risulta del tutto casuale, dato che il metodo deve essere individuato mediante sorteggio, prima dell’apertura delle buste e quindi dopo che i concorrenti hanno presentato offerta.

Ma l’abbandono alla sorte non è ancora finito perché, dei cinque metodi, due (lettere b ed e) prevedono un’ulteriore correzione, sempre aleatoria: la lettera b lascia invariata la “media mediata” se il primo decimale del risultato è pari, mentre la riduce se il decimale è dispari, di un valore pari al decimale (sul punto, si tornerà). La lettera e, invece, prevede un ulteriore sorteggio tra cinque numeri (0,6- 0,8- 1- 1,2- 1,4), per poi moltiplicare il prescelto per la “media mediata”; e di questi numeri due riducono il risultato, uno lo lascia invariato, e due lo aumentano.

Il risultato complessivo è che l’aggiudicazione risulta totalmente rimessa al caso.

Per esemplificare, si veda il prospetto che segue, nel quale, in un appalto (necessariamente di lavori, dato il valore) con una base d’asta pari ad un milione di euro, sono state ipotizzate dieci offerte del tutto generiche.

Nella prima tabella sono riportate le percentuali di sconto offerte da ciascun concorrente, il prezzo offerto (calcolato applicando lo sconto alla base d’asta), e l’importo economico corrispondente allo sconto; in fondo alla tabella è calcolata la media tra i concorrenti, e poi la media mediata con taglio delle ali.

Nella seconda tabella sono riportati i risultati dell’applicazione di ciascun metodo, con l’indicazione della impresa aggiudicataria, lo sconto vincitore, il prezzo di aggiudicazione; in giallo è evidenziata la soluzione più conveniente per la stazione appaltante, in arancione quella più onerosa.

Va notato che il metodo b), qualora si debba procedere a correzione perché il primo decimale risulta dispari, presenta un equivoco interpretativo: non è infatti chiaro, nella norma, se il numero (per ipotesi, 5) debba essere sottratto per intero (25,5%-5=20,5%) oppure come una percentuale (il 5% di 25,5%, che è 1,275, per cui il risultato è 25,5%-1,275%=24,22%). In attesa che i giudici lo chiariscano, si è ipotizzata la doppia soluzione, ché ad un nuovo spunto di incertezza non è davvero il caso di rinunciare.

Come si vede, a seconda del metodo di calcolo della soglia di anomalia che dovesse risultare dal sorteggio, ed a seconda poi dell’applicazione o meno dei correttivi (per il metodo b sono prospettate le due ipotesi di applicazione o meno del correttivo) l’appalto può essere aggiudicato alla prima classificata, o alla terza (mai alla seconda, ma si tratta di una eventualità connessa ai numeri scelti: variando di poco i valori si giungerebbe anche all’aggiudicazione alla seconda), alla quarta, e così a scendere fino perfino alla nona (!). Nell’esempio, parrebbe che almeno la decima ed ultima non riesca mai ad aggiudicarsi la gara, ma anche questo sembra legato ai valori ipotizzati, potendosi produrre anche tale ipotesi. Il tutto, con una differenza di prezzo, tra le condizioni migliori e quelle peggiori per l’ente appaltante, di oltre 150.000,00 € (!)

In conclusione, oltre quattro gare d’appalto su cinque di lavori pubblici può essere aggiudicato, vista la possibilità per le stazioni appaltanti di adottare l’esclusione automatica delle offerte anomale, con il metodo dell’azzardo (la parola discende, mutuata dal latino Azardum, dall’arabo As-schàr, “dado da giocare”, gioco dei dadi).

Si tratta, però, di una condizione inaccettabile sul piano dei principi generali.

Pare anzitutto violato il principio di efficienza dell’attività amministrativa, connesso al principio di “buona amministrazione”, che impone che l’azione amministrativa sia finalizzata al perseguimento effettivo del risultato voluto: se invece il risultato è abbandonato al fato, non si può perseguire alcun risultato voluto.

In altre parole, “lasciare il risultato all’alea” (“alea” discende dal latino “alea”, “dado” o più in generale “gioco d’azzardo”) è l’esatta antitesi di “perseguire il risultato voluto”; del resto, un metodo che porta a vincere indifferentemente il prezzo più alto o quello più basso, non consente di perseguire proprio nessun obiettivo prefissato.

Anche la violazione del principio di economicità appare lampante, nell’adozione di un criterio che conduce, a seconda del risultato delle varie “estrazioni”, ad aggiudicare l’appalto alla miglior offerta o alla peggiore ovvero ad una qualsiasi tra quelle intermedie, con una differenza di prezzo enorme (nell’esempio, oltre 150.000,00 €, ma si possono certamente verificare differenze superiori).

Del resto, solo un inveterato frequentatore di casinò o il più mellifluo dei croupier potrebbero sostenere che il caso sia il metodo che persegue il massimo risultato con la minima spesa (questo è il nucleo del principio di economicità).

I sostenitori dell’esclusione automatica sostengono che tuttavia si tratti del criterio che meglio risponde al principio di trasparenza ed imparzialità.

Se anche fosse, si dovrebbe coerentemente concludere che gli appalti debbano essere assegnati attraverso una unica lotteria nazionale, nella quale il vincitore propone poi il proprio prezzo all’Amministrazione. Ma anche a prescindere da tale conclusione paradossale, e dal rilievo che l’imparzialità non può prevalere così, tanto da annullarli, su tutti gli altri principi fondamentali dell’ordinamento, la sostanza è che non è vero che siano rispettati trasparenza ed imparzialità.

Infatti, l’affidare alla sorte la selezione del concorrente produce un unico effetto: il tentativo delle imprese interessate di procurarsi il maggior numero possibile di “biglietti della lotteria” [5], per aumentare le proprie chances di aggiudicazione (anche chance deriva dal latino “cadentia”, che significa “caduta dei dadi”). A tal fine, le imprese interessate chiedono al maggior numero possibile di imprese “alleate” di partecipare all’appalto (a cui non sarebbero altrimenti interessate), con l’accordo che, qualora l’appalto fosse aggiudicato ad una qualsiasi delle “alleate”, l’esecuzione sarebbe svolta -ed il corrispettivo effettivamente percepito- dall’impresa interessata, di solito con un riconoscimento economico percentuale alla “fortunata vincitrice”.

Al riguardo, preme sgombrare il campo da un equivoco, in cui evidentemente è caduto l’estensore dell’art. 97.

La “invenzione” di cinque diversi metodi, con ulteriori possibilità di introduzione di parametri scelti “a caso”, è chiaramente volta ad evitare che le imprese concorrano “in gruppo”, con offerte mirate ad influenzare il risultato finale.

Sennonché la pratica ha dimostrato che, più che influenzare il risultato della media mediata con taglio delle ali (influenza molto difficile, soprattutto se i “gruppi” concorrenti sono molteplici), le concorrenti chiedevano collaborazione ad altre imprese, altrimenti disinteressate, solo allo scopo di presentare il maggior numero possibile di offerte ad un prezzo ritenuto congruo e remunerativo; nel tentativo non di far escludere per anomalia le altre concorrenti, ma semplicemente di aumentare le possibilità di aggiudicazione nella lotteria.

Il risultato è che il metodo di aggiudicazione casuale non è né trasparente né imparziale: non è trasparente perché non si può ricostruire (se non in casi eclatanti) chi partecipa “in gruppo” e chi rispettando le regole; non è imparziale perché chi partecipa coinvolgendo altre imprese ha maggior probabilità di aggiudicazione, rispetto a chi partecipa correttamente da solo.

Inutile soggiungere, in questo quadro, che tra i principi violati vi sono anche, e non ultimi, quelli della libertà di concorrenza e di leale competizione. Ed appare invero singolare, almeno volendo serbare un minimo di candore, che l’esclusione automatica sia stata invocata a gran voce dalle varie associazioni dei costruttori: quasi che l’ideale, per le imprese di un intero settore, sia lavorare e produrre fatturato solo a condizione di avere la fortuna di essere “estratti” in una lotteria tanto farraginosa quanto del tutto casuale. Ossia la situazione che all’inizio si è esclusa per qualsiasi persona di anche minimo buon senso…

L’ultima “vittima” dell’articolo 97, o almeno l’ultima di immediata percezione, è infine la pretesa coerenza del sistema, almeno come affermata da alcune passate pronunce.

In più occasioni è stato giudicato che le c.d. “ali” rappresentano «offerte disancorate dai valori medi», presentate «al solo fine di condizionare la media»; le quali, per tale ragione, devono essere escluse da qualsiasi conteggio (Cons. Stato, V, 6323/2009; Cons. Stato, V, 29 marzo 2011 n. 1924; vd. anche le pronunce richiamate dalla prima, ossia Cons. Stato, V, 26 febbraio 2003 n. 1094; Sez. V, 3 giugno 2002 n. 3068; CGA 12 agosto 2005 n. 531).

Se però adesso due metodi su cinque non escludono più “le ali”, e se un altro introduce correttivi che possono condurre all’aggiudicazione in favore di un’offerta ricadente nelle “ali”, allora viene meno l’assunto fondamentale delle pronunce citate e della stessa esclusione delle “ali” dagli altri conteggi.

A tutte le considerazioni che precedono, le amministrazioni oppongono che se le offerte anomale non sono automaticamente escluse, occorre verificarle in concreto; e dato il numero elevatissimo di concorrenti in ogni gara, le verifiche hanno l’effetto di “intasare” gli uffici, con la conseguenza di una paralisi del sistema, ovvero dell’accettazione aprioristica delle offerte con maggior ribasso senza possibilità concreta di verificare, ovvero ancora della corruzione (perché, dietro pagamento, i funzionari possono decidere del tutto discrezionalmente chi escludere dall’appalto e chi invece accettare, con conseguente aggiudicazione).

Per questa ragione, quella che è una “possibilità” nel Codice è destinata a diventare la regola; com’è stato, del resto, nel passato regime, quando la gran parte degli appalti di lavori di importo contenuto veniva affidato ricorrendo alla “lotteria”.

In realtà, le obiezioni sarebbero facilmente superabili, costituendo a livello regionale uffici specializzati nelle verifiche di congruità, ai quali la documentazione dovrebbe essere sottoposta in forma riservata (senza, cioè, la menzione dell’impresa sottoposta a verifica). Gli uffici così costituiti, proprio perché specializzati, potrebbero compiere in poco tempo un gran numero di verifiche, adottando sempre gli stessi criteri con un effetto di orientamento del settore; mentre la riservatezza della documentazione (ed anche la mancanza di collegamento tra gli esperti e la stazione appaltante) eviterebbe qualsiasi possibilità corruttiva, o per lo meno la ridurrebbe molto.

Aggiungasi che se le gare fossero aggiudicate al prezzo più basso, e non attraverso “lotteria”, le imprese concorrerebbero solo agli appalti di effettivo interesse, e non per “favore” ad altri; sicché il numero risulterebbe molto ridotto. Inoltre, se comunque i partecipanti risultassero troppi, l’ente potrebbe decidere preventivamente di ridurne il numero: basterebbe esperire una fase di prequalifica, invitando poi un numero ridotto (ad esempio, 20 imprese) di ammessi, come previsto dall’articolo 91 comma 2 del Codice: il quale, nell’esigere “criteri oggettivi e non discriminatori” per l’individuazione degli invitati, potrebbe forse ammettere che in quella fase (quando i concorrenti ancora non hanno presentato offerta) si possa ricorrere al sorteggio [6].

Per tal via, si avrebbero gare d’appalto con un numero contenuto di concorrenti, nei cui confronti operare qualsiasi verifica si ritenesse opportuna, per poi aggiudicare davvero al prezzo più basso, anziché… ai dadi.

[1] Pubbliche amministrazioni ed enti equiparati, ai fini dell’applicazione della disciplina sui contratti pubblici.

[2] E’ peraltro quantomeno dubbio che gli appalti che non ricadono nella elencazione non possano essere aggiudicati al prezzo più basso, in presenza di motivate ragioni, con l’unica esclusione degli appalti che a mente del comma 3 dello stesso art. 95 sono “aggiudicati esclusivamente … sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo”.

[3] La disciplina invita a tener costo non solo del prezzo, ma anche dei costi dell’intero ciclo di vita del bene o del prodotto.

[4] Per la precisione, in tutti gli appalti indicati nella tripartizione dell’articolo 95 comma 4, purché di importo inferiore alla soglia comunitaria; peraltro, tutti gli appalti di lavori fino ad un milione di euro sono inferiori alla soglia comunitaria, che per i lavori è di poco superiore a 5 milioni; e tutti gli appalti della lettera c) sono per definizione inferiori alla soglia comunitaria. Restano, dunque, gli appalti della lettera b), che possono essere anche di importo superiore, nel qual caso non può applicarsi l’esclusione automatica delle offerte anomale.

[5] La locuzione non è casuale: le imprese di costruzione già usavano chiamare “metodo della lotteria” l’aggiudicazione con esclusione automatica delle offerte anomale, nella forma prevista dal previgente D.Lgs. 163/2006.

[6] Appare invero ben diverso ricorrere ad un sorteggio per selezionare 20 o più imprese da invitare a presentare offerta, con aggiudicazione poi al prezzo più basso, rispetto ad una serie di sorteggi per aggiudicare casualmente un appalto tra un centinaio di partecipanti.