Articoli

Sospensione feriale dei termini: il giorno di “ripresa” conta oppure no?

Tra i molti aspetti problematici che riguardano la sospensione feriale nell’ambito del processo amministrativo, ancora recentemente ha trovato ospitalità anche in sede cautelare, dinanzi al TAR Lombardia, la questione del conteggio dei termini per i provvedimenti assunti nel periodo di sospensione: si computa o no il primo giorno “utile”, e cioè il 16 settembre?

La questione, forse capziosa per chi non pratica le aule giudiziarie, muove da un presupposto giuridico ed ha un preciso risvolto pratico.

Il presupposto giuridico è che i termini di impugnazione di qualsiasi provvedimento devono essere conteggiati a partire dal giorno successivo alla data della sua pubblicazione o conoscenza da parte del ricorrente (non si conta, cioè, il giorno della pubblicazione o “dies a quo”); così, per un provvedimento assunto il 15 ottobre, si dovrà cominciare il conteggio il 16 ottobre, con scadenza dei 30 o 60 giorni di impugnazione (a seconda che si tratti di un appalto o di altra materia) rispettivamente al 14 novembre o al 14 dicembre.

La conseguenza pratica è che conteggiare o meno il 16 settembre (nel “vecchio” sistema; dall’anno prossimo, il 1° settembre) fa sì che il termine di impugnazione scada un giorno prima o un giorno dopo: in caso di appalti, il 15 o il 16 ottobre (30 settembre o 1 ottobre dal 2015); nelle altre materie, il 14 o il 15 novembre (ora 30 o 31 ottobre).

Proprio in relazione a tale risvolto pratico, la questione ha appunto trovato spazio nei Tribunali, anche amministrativi.

In particolare, il TAR Lombardia, nell’ordinanza 1521 del 14 novembre 2014, ha dato accoglienza alla tesi secondo cui il 16 settembre non si computa, allorchè si tratti di un provvedimento assunto durante il periodo di sospensione: secondo questa tesi, il 16 settembre sarebbe infatti il primo giorno utile per svolgere qualsiasi attività, diventando così il “dies a quo” che come tale non andrebbe computato.

Vero è che la decisione cautelare é stata riformata dal Consiglio di Stato, Sezione V, con l’ordinanza 18 dicembre 2014 n. 5827. Ma altrettanto vero é che la riforma risulta affidata esclusivamente alla considerazione dell’imminenza dell’udienza di merito, senza alcun rilievo circa l’ammissibilitá o meno del ricorso di primo grado.

La questione resta dunque aperta, e merita di essere approfondita.
La tesi accolta dal TAR, per quanto posi su autorevoli precedenti (Cassazione, Sezioni Unite, 4814/1983, seguita dalle sentenze della Cassazione nn. 2689/1988, 7720/1990, 5981/1991) e trovi eco anche in una recente pronuncia del Consiglio di Stato (Sez. VI, 8 agosto 2014 n. 4235), sembra inficiata da una mancanza di coordinamento tra il meccanismo di computo dei termini (che come detto porta ad escludere il giorno in cui il provvedimento è assunto), da un lato, e la nozione di “sospensione” dei termini, dall’altro lato.

L’equivoco appare anzitutto “matematico”. L’esclusione del dies a quo lo rende, matematicamente parlando, il “giorno zero”: e se tale giorno non deve essere conteggiato, non c’è neppure una sospensione che possa riguardarlo.

In altre parole, sempre per matematica, lo zero é un “non numero”, che in quanto zero non é conteggiabile e resta fuori sia dal computo, sia (di conseguenza) dalla sospensione del computo.
Passando dalla matematica al mondo giuridico, la tesi qui contestata sembra travisare anche il disposto letterale della norma.

L’ultimo alinea dell’articolo 1 della legge 742/1969 sancisce che “ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo”. Ebbene, per un verso, la norma prende in considerazione l’inizio del decorso del termine: non quindi il “dies a quo”, che come detto non é l’inizio del decorso, bensí il primo giorno di conteggio. Per altro verso, tale inizio risulta differito dalla disposizione non a dopo la ripresa del periodo ordinario, ma “alla fine” della sospensione; sicché quando finisce la sospensione (ora, 31 agosto) puó avere “inizio” il decorso del termine, decorso che quindi inevitabilmente parte con il giorno “uno” dal primo settembre.

Del resto, pure la ratio della sospensione dei termini milita per il conteggio anche del primo giorno successivo alla sospensione. La legge, per quanto sia sovente trascurato, era ed è volta ad assicurare le ferie agli avvocati, i quali -a differenza dei magistrati- non possono in pratica concedersele in periodo ordinario, senza compromettere la propria attività. In tal quadro, la sospensione dei termini concede un termine di impugnazione idoneo, avverso i provvedimenti adottati nel periodo di ferie dei legali; senza che in questa logica possa rientrare il considerare come “non assunto” un provvedimento pubblicato nel periodo feriale, fino alla data di ripresa dell’attività.

Senza contare, infine, che la tesi accolta dal TAR, sia pure in sede cautelare, produce una disparità tra i provvedimenti adottati prima del 1° agosto, per i quali il giorno di ripresa viene calcolato a tutti gli effetti, e quelli invece successivi, per i quali viceversa il giorno di ripresa non si dovrebbe calcolare.

In conclusione, paiono molteplici le ragioni per preferire la interpretazione opposta a quella accolta dal TAR Lombardia, interpretazione del resto recepita da altre pronunce (Cassaz., 6566/1991; Sez. Unite, 3668/1995; Sez. I penale 27 novembre 2012 n. 11): resta ora da vedere se il TAR, nel merito, rivedrà il suo orientamento.