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La scarsa portata semplificatoria della costituzione di una società consortile in fase esecutiva

Può esser utile la costituzione di una società consortile a cui demandare l’esecuzione?
L’art. 93 DPR 207/2010 (e, prima ancora, l’art. 96 DPR 554/1999) attribuisce alle imprese riunite o ai consorziati indicati dal consorzio come esecutori dei lavori la facoltà di costituire, dopo l’aggiudicazione, «una società anche consortile … per l’esecuzione unitaria, totale o parziale, dei lavori» (comma 1).

Una simile operazione, che non integra subappalto né cessione del contratto, non necessitando dunque di autorizzazione/approvazione dell’ente committente, comporta il mero subentro della società, «ferme restando le responsabilità delle imprese riunite ai sensi di legge» (comma 2).
Finalità di una simile disposizione è -o, quanto meno, sembrerebbe essere- quella di offrire al soggetto aggiudicatario “composito” uno strumento in grado di facilitare la gestione dei rapporti con l’ente committente: che, ricevuta la notificazione dell’atto costitutivo della nuova società, avrà un unico ed unitario soggetto con cui interfacciarsi.

Due, in astratto, i piani rispetto ai quali la semplificazione -per dirsi effettivamente tale- parrebbe dover spiegare i propri effetti: uno prettamente operativo ed uno di carattere contabile.

Quanto al primo profilo, fermo restando che dal punto di vista societario appare ragionevole continuare a considerare le imprese-socie quali entità distinte (anche e soprattutto in considerazione dell’immutata ripartizione delle specifiche responsabilità, di cui al comma 2 dell’art. 93 citato), la consortile sembrerebbe investita della gestione dell’opera, potendo decidere in assoluta autonomia se ed in che misura procedere direttamente (con propri mezzi e struttura) all’esecuzione della commessa; ovvero se ed in che misura affidarla alle imprese-socie; ovvero ancora a soggetti terzi, in subappalto.

Quanto al secondo profilo, il subentro parrebbe comportare il sorgere di un rapporto diretto tra consortile e committente, in forza del quale la prima è abilitata ad emettere le fatture relative ai lavori svolti direttamente nei confronti del committente; ed il secondo a corrispondere altrettanto direttamente alla consortile il prezzo pattuito.

Ciò posto in linea teorica, sul versante interpretativo la semplificazione pare invece arrestarsi al primo dei profili delineati.

Mentre infatti, a livello operativo, il Giudice amministrativo riconosce che «la finalità sostanziale perseguita dalla costituzione di siffatte società … è quella di consentire proprio una esecuzione unitaria delle prestazioni, che possa quindi prescindere dall’assetto del raggruppamento originario … e dalle forme e dalla misura della partecipazione all’esecuzione di ciascuno dei concorrenti riuniti come originariamente previste» (TAR Lazio – Roma, Sez. III, 12 gennaio 2012, n. 283). Dal punto di vista contabile, la Corte di Cassazione afferma che «la società consortile, eseguendo l’opera appaltata alla imprese consorziate, non acquista alcun diritto nei confronti della committente, e non è sua creditrice» (Cass. Civ., Sez. I, 26 novembre 2008, n. 28220).

L’orientamento espresso dalla Suprema Corte sembra dunque svilire l’intento semplificatorio alla base dello strumento (la società consortile) in esame: perché, seppur distinti, i piani operativo/esecutivo e contabile rappresentano due facce della stessa medaglia, tali per cui lo snellimento del primo ove non seguito anche dalla semplificazione del secondo finisce col risolversi in un’operazione del tutto priva o quasi di effetti positivi apprezzabili, se non addirittura negativi.

Basti considerare il sistema della cd. “doppia fatturazione” o “ribaltamento dei costi”: in forza del quale la società consortile, esecutrice dei lavori, ne sostiene i relativi costi, annotandoli -con segno negativo- nel proprio conto economico; salvo poi addossarli (“ribaltarli”) sulle singole imprese-socie, le quali vi fanno fronte mediante i ricavi percepiti dall’ente committente in occasione dell’emissione dei singoli Stati di Avanzamento Lavori, in proporzione alla quota di partecipazione. Sistema che in realtà (proprio a voler seguire il ragionamento della Cassazione) si traduce in una tripla fatturazione: dalle imprese riunite al committente, pro quota di partecipazione all’ATI/consorzio; dalla società consortile alle consorziate, pro quota di esecuzione dei lavori; e dalle consorziate alla consortile, al netto dei costi di gestione della commessa.

Laddove, solo qualora fosse riconosciuto un credito diretto della consortile nei confronti del committente la fatturazione sarebbe effettivamente doppia (da consortile a committente e da consorziate a consortile).

Ovvero ancora si considerino i costi di gestione della commessa: crescenti al crescere dei soggetti coinvolti, posto che le singole imprese-socie, pur avvantaggiandosi dell’operato della consortile (in termini di sgravio delle attività di coordinamento con il committente), dovrebbero comunque procedere alla sua costituzione, alla determinazione di uno statuto, di un’organizzazione ed alla messa a disposizione di risorse (materiali e personali), oltre che alla stipulazione dei contratti di affidamento dei lavori, ecc.

Con l’inevitabile corollario che la costituzione della consortile, nonostante il favor manifestato in sede di redazione del Regolamento di esecuzione sembra in molti casi risolversi in una sorta di boomerang per le società coinvolte nell’affidamento: indotte ad avvalersene, per i prospettati effetti benefici; salvo poi doverne subire gli effetti distorsivi insiti nell’orientamento della Cassazione. Orientamento che, se non azzera le ipotesi in cui la costituzione di una consortile può effettivamente tradursi in un vantaggio per i soggetti privati coinvolti, le riduce in misura considerevole, sino a farvi ricomprendere esclusivamente le commesse rilevanti non tanto in termini economici o di complessità progettuale, quanto piuttosto in termini di tempistiche di realizzazione, che sole giustificherebbero la creazione di una struttura dedicata all’esecuzione della commessa, priva tuttavia di un’efficacia realmente semplificatoria nel breve periodo.

Commento a cura di: Avv. Lucia Martegani