Articoli

Quando la pezza è peggiore del buco: le nuove misure emergenziali sul processo amministrativo (DL 18/2020) aggiungono dubbi ai dubbi (DL 11/2020)

Che l’articolo sulla giustizia amministrativa nel DL 8 marzo 2020 n. 11 fosse approssimativo, equivoco e contraddittorio è attestato dagli stessi interventi che avevano la pretesa di chiarire i dubbi: prima un parere del Consiglio di Stato, secondo il quale la «interpretazione letterale» del comma che sospendeva tutti i termini processuali dall’8 al 22 marzo sarebbe da disattendere, in quanto «non si ravvisa ragione» per cui gli avvocati non avrebbero potuto depositare documenti e memorie pur nel blocco assoluto del Paese; subito dopo un decreto del Presidente del Consiglio di Stato che riteneva il parere, pur «autorevole», non vincolante e (implicitamente) debole, «confidando» tuttavia che i legali avrebbero comunque rinunciato al diritto alla sospensione dei termini (!)(qui il precedente commento).
 
Tutti gli organismi dell’avvocatura hanno pertanto confidato, e collaborato con il Governo a tal fine, che il nuovo decreto chiarisse i dubbi ed evitasse equivoci.
E invece.
Invece abbiamo un articolo, l’84 del DL 17 marzo 2020 n. 18, che riesce nell’impresa non solo di non chiarire niente, ma perfino di aggiungere nuovi fronti di incertezza.
Provando a ricapitolare:
a) in teoria, tutte le Camere di Consiglio e tutte le udienze fissate prima del 15 aprile 2020 sono rinviate a dopo il 15 aprile, e tutti i termini processuali sono sospesi dall’8 marzo al 15 aprile 2020; però…
b) le istanze cautelari con Camera di Consiglio già fissata si decidono con provvedimento monocratico, che rimette poi al Collegio la decisione “definitiva” sulla domanda di sospensione.
Ora, chiunque sa:
(i) che la decisione monocratica presa sulla base unicamente del ricorso senza atti delle controparti rischia di considerare solo uno dei possibili punti di vista;
(ii) che la decisione monocratica spesso influisce sulla successiva decisione del Collegio;
(iii) che comunque l’interesse del cliente convenuto (che sia l’Amministrazione o il controinteressato) si tutela al meglio solo presentando al Giudice monocratico un atto difensivo.
Quindi, in questi casi per i convenuti è essenziale predisporre una memoria, per la quale la norma neppure fissa un termine (nello specifico: i termini che opererebbero per la decisione in Camera di Consiglio? O entro la data fissata per la Camera di Consiglio da rinviare, confidando che il Giudice non decida prima? O anche dopo, se il Giudice non ha ancora deciso?).
Niente sospensione, comunque, per questa attività difensiva – come se il mondo degli avvocati e dei clienti fosse immune al lockdown e andasse avanti regolarmente;
c) anche le istanze cautelari presentate con nuovi ricorsi si decidono con provvedimento monocratico, che rimette poi al Collegio (dopo il 15 aprile) la decisione definitiva sulla istanza di sospensione. Tutto come sopra, con una ulteriore preoccupazione (per i difensori e i clienti, non per chi ha scritto la norma): non è precisato quando il Giudice monocratico deve decidere, sicché il provvedimento può intervenire anche il giorno dopo il deposito del ricorso.
Con tanti saluti ai diritti di difesa di Amministrazione e controinteressati, che oltretutto in questo periodo magari non ricevono le notifiche o non sono rapidi nel reagire alla notificazione (quand’anche via PEC): se si vuole sottoporre al Giudice monocratico qualsiasi argomento difensivo, occorre precipitarsi (PA o privato, prima, e avvocato, poi) ancor più rapidamente di quanto accada per una ordinaria istanza di sospensione;
d) le udienze fissate tra il 6 e il 15 aprile possono passare in decisione con il consenso di tutte le parti, manifestato entro due giorni prima della data fissata. Qui siamo al sublime, dato che la norma non precisa con quali termini per documenti e memorie; si accenna solo a ”brevi note” due giorni prima, cioè in contemporanea con l’istanza di invio in decisione della causa: ma tali “brevi note” evidentemente sostituiscono gli ultimi spunti della discussione orale, certamente senza avere né documenti allegati, né i necessari approfondimenti di una memoria conclusiva e della relativa replica. Quindi, sembra che per tali cause -di cui oggi si ignora se saranno decise oppure no, ciò dipendendo da una decisione di tutte le parti nell’imminenza dell’udienza- si debbano rispettare i termini ordinari a ritroso: alcuni dei quali già scaduti o in scadenza, e tutti in teoria sospesi dallo stesso decreto (!);
e) le udienze dopo il 15 aprile si tengono regolarmente, senza che il DL dica nulla sui termini per documenti e memorie, che per tutte le cause fissate fino al 5 maggio (riti abbreviati) o addirittura il 25 maggio (riti ordinari) cadono in tutto o in parte nel periodo di sospensione di tutti i termini. Quindi, anche per queste cause sembra che la sospensione dei termini… semplicemente non valga (!).
Sforzandosi nel trovare un senso in un testo che “un senso non ce l’ha”, sembrerebbe che sia diventata legge l’ «auspicio» del Presidente del Consiglio di Stato: cari avvocati, rinunciate alla sospensione dei termini processuali, disposta quale «misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia amministrativa» (questo il testo dell’art. 84!).
Perché gli effetti possono riguardare i Giudici (che non tengono udienze fino al 6 aprile e che le terranno anche da remoto successivamente), ma non i legali (e i loro clienti).