Il soccorso istruttorio “a pagamento” (anche) nel nuovo Codice
Un’ipotesi di illegittimità costituzionale per violazione della legge delega
Sembrava che l’istituto del soccorso istruttorio “a pagamento”, introdotto nell’ordinamento con l’art. 39 del D.L. n. 90/2014, fosse oramai destinato al tramonto. Infatti, tra i criteri direttivi della legge delega per l’attuazione delle nuove direttive comunitarie in materia di appalti e concessioni, figura espressamente la «riduzione degli oneri documentali ed economici a carico dei soggetti partecipanti, con attribuzione a questi ultimi della piena possibilita’ di integrazione documentale non onerosa di qualsiasi elemento di natura formale della domanda (art. 1, co. 1, lett. z, della Legge 28 gennaio 2016, n. 11).
L’esplicita previsione della “gratuità” del soccorso istruttorio sancisce (o meglio, avrebbe dovuto sancire, come si vedrà tra poco) il superamento dell’attuale regime, in forza del quale la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni da produrre in gara possono essere sanate dal concorrente, tramite il pagamento della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro (cfr. art. 38, co. 2-bis, e art. 46 del Codice).
Sennonché, nella bozza del nuovo Codice licenziata lo scorso 3 marzo dal Consiglio dei Ministri è previsto, al comma 9 dell’articolo 83 (“Criteri di selezione e soccorso istruttorio”), che «la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta tecnica ed economica, obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 5.000 euro».
In sede di attuazione della delega legislativa, dunque, è stato completamente disatteso il criterio direttivo di cui all’art. 1, co. 1, lett. z) della L. n. 11/2016, che imponeva di rendere gratuito il ricorso da parte delle imprese al soccorso istruttorio: il Governo, infatti, ha viceversa optato per il mantenimento dell’attuale regime sanzionatorio, sia pur con una riduzione dell’importo massimo della sanzione pecuniaria da € 50.000,00 a € 5.000,00.
Nel tentativo di giustificare tale scelta, la Relazione introduttiva alla bozza inviata all’esame delle Commissioni parlamentari di Camera e Senato osserva che l’art. 83 del nuovo Codice «prevede, inoltre, l’ammissibilità del soccorso istruttorio e, in aderenza al criterio di cui alla lettera z) della legge delega, riduce l’importo della sanzione prevista per le irregolarità sostanziali» (cfr. pag. 108 della Relazione).
L’equivoco appare fin troppo evidente. È ben vero che la legge delega dispone la «riduzione degli oneri documentali ed economici» incombenti sui partecipanti alla procedura, ma tale indicazione non si riferisce in alcun modo all’istituto del soccorso istruttorio, in relazione al quale è viceversa prevista l’attribuzione ai concorrenti «della piena possibilità di integrazione documentale non onerosa di qualsiasi elemento di natura formale della domanda».
In tal quadro, la mera riduzione dell’importo massimo della sanzione pecuniaria (da € 50.000,00 a 5.000,00) non pare certo sufficiente a fugare i dubbi di legittimità costituzionale della nuova disciplina del soccorso istruttorio a “pagamento”, stante il contrasto puntuale dell’art. 83, co. 9 del nuovo Codice con i criteri direttivi formulati nella legge delega.
Non resta, dunque, che confidare che tale incongruenza venga rilevata, ed opportunamente segnalata al Governo, dalle commissioni parlamentari (Lavori pubblici del Senato e Ambiente della Camera) incaricate di esaminare il testo licenziato dal Consiglio dei Ministri.
In difetto di interventi correttivi, il problema si porrà in sede di applicazione della nuova disciplina, allorché le imprese sanzionate per aver usufruito del soccorso istruttorio chiederanno al TAR di rimettere la questione alla Corte costituzionale.
L’esplicita previsione della “gratuità” del soccorso istruttorio sancisce (o meglio, avrebbe dovuto sancire, come si vedrà tra poco) il superamento dell’attuale regime, in forza del quale la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni da produrre in gara possono essere sanate dal concorrente, tramite il pagamento della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro (cfr. art. 38, co. 2-bis, e art. 46 del Codice).
Sennonché, nella bozza del nuovo Codice licenziata lo scorso 3 marzo dal Consiglio dei Ministri è previsto, al comma 9 dell’articolo 83 (“Criteri di selezione e soccorso istruttorio”), che «la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta tecnica ed economica, obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 5.000 euro».
In sede di attuazione della delega legislativa, dunque, è stato completamente disatteso il criterio direttivo di cui all’art. 1, co. 1, lett. z) della L. n. 11/2016, che imponeva di rendere gratuito il ricorso da parte delle imprese al soccorso istruttorio: il Governo, infatti, ha viceversa optato per il mantenimento dell’attuale regime sanzionatorio, sia pur con una riduzione dell’importo massimo della sanzione pecuniaria da € 50.000,00 a € 5.000,00.
Nel tentativo di giustificare tale scelta, la Relazione introduttiva alla bozza inviata all’esame delle Commissioni parlamentari di Camera e Senato osserva che l’art. 83 del nuovo Codice «prevede, inoltre, l’ammissibilità del soccorso istruttorio e, in aderenza al criterio di cui alla lettera z) della legge delega, riduce l’importo della sanzione prevista per le irregolarità sostanziali» (cfr. pag. 108 della Relazione).
L’equivoco appare fin troppo evidente. È ben vero che la legge delega dispone la «riduzione degli oneri documentali ed economici» incombenti sui partecipanti alla procedura, ma tale indicazione non si riferisce in alcun modo all’istituto del soccorso istruttorio, in relazione al quale è viceversa prevista l’attribuzione ai concorrenti «della piena possibilità di integrazione documentale non onerosa di qualsiasi elemento di natura formale della domanda».
In tal quadro, la mera riduzione dell’importo massimo della sanzione pecuniaria (da € 50.000,00 a 5.000,00) non pare certo sufficiente a fugare i dubbi di legittimità costituzionale della nuova disciplina del soccorso istruttorio a “pagamento”, stante il contrasto puntuale dell’art. 83, co. 9 del nuovo Codice con i criteri direttivi formulati nella legge delega.
Non resta, dunque, che confidare che tale incongruenza venga rilevata, ed opportunamente segnalata al Governo, dalle commissioni parlamentari (Lavori pubblici del Senato e Ambiente della Camera) incaricate di esaminare il testo licenziato dal Consiglio dei Ministri.
In difetto di interventi correttivi, il problema si porrà in sede di applicazione della nuova disciplina, allorché le imprese sanzionate per aver usufruito del soccorso istruttorio chiederanno al TAR di rimettere la questione alla Corte costituzionale.