Commenti e sentenze

Clausole di adesione postuma nelle gare di appalto: il Consiglio di Stato rinvia alla CGUE

Nota a Consiglio di Stato, Sez. VI, ord. 11 aprile 2017, n. 1690

1. Premessa

Soprattutto nel settore socio-sanitario, non è raro imbattersi in bandi che espressamente consentano ad enti diversi dalla stazione appaltante di disporre l’affidamento successivo dei medesimi servizi posti a gara in favore dell’aggiudicatario.

Tale modalità, concretizzandosi in un affidamento diretto all’impresa selezionata ad esito di una gara indetta da altri, pone delicati problemi di compatibilità con l’obbligo dell’evidenza pubblica e con i principi di concorrenzialità, pubblicità e trasparenza ad esso sottesi.

Proprio in relazione a tale aspetto, con l’ordinanza dell’11 aprile 2017, n. 1690, il Consiglio di Stato ha ritenuto necessario coinvolgere la Corte di Giustizia.

2. La posizione della giurisprudenza, dell’ANAC e dell’AGCM

Per evitare che gli affidamenti postumi disposti sulla base delle clausole di adesione si risolvano in meri affidamenti diretti in contrasto con i richiamati principi di evidenza pubblica, i giudici amministrativi (cfr., tra le più recenti, Cons. Stato nn. 442/2016, 4387/2016 e 664/2014; TAR Lombardia, Milano, nn. 77/2017, 212/2017, 696/2017 e 303/2016) ne hanno precisato le condizioni di legittima operatività, evidenziando che:

  • la possibilità di aderire ex post deve essere espressamente indicata negli atti di gara;
  • gli ulteriori enti che possono avvalersi della clausola di adesione devono essere specificatamente individuati nella lex specialis;
  • gli atti di gara devono individuare un importo massimo dei contratti da affidare;
  • deve essere definito con precisione l’intervallo temporale entro cui l’adesione successiva può essere esercitata, nonché il termine massimo finale dei contratti stipulati avvalendosi della clausola;
  • l’adesione successiva deve avvenire senza alcuna rinegoziazione delle condizioni prestazionali ed economiche contenute nell’offerta di gara dell’aggiudicatario.

Anche l’ANAC e l’AGCM si sono espresse sul tema e, con il comunicato congiunto del 21 dicembre 2016:

  • hanno confermato le condizioni già individuate dai giudici amministrativi per la legittima operatività di tali clausole;
  • hanno sottolineato che il meccanismo degli affidamenti per adesione non determina criticità unicamente rispetto ai principi di concorrenza, ma altresì nei confronti del principio di programmazione delle acquisizioni indicato dall’art. 21 D.Lgs. 50/2016, strumentale alla corretta individuazione dei fabbisogni degli Enti pubblici.

3. La fattispecie all’esame del Consiglio di Stato e l’ordinanza di rinvio pregiudiziale

Il rinvio pregiudiziale disposto dal Consiglio di Stato riguarda l’affidamento diretto del servizio di pulizia, sanificazione, raccolta e smaltimento rifiuti disposto da una ASL nei confronti dell’aggiudicatario di un appalto avente analogo oggetto bandito da un’Azienda Ospedaliera.

La lex specialis prevedeva “la possibilità di adesione successiva per le aziende sanitarie aderenti all’AIPEL …. nel caso in cui la ditta aggiudicataria si rendesse disponibile ad estendere la fornitura alle suddette aziende”, senza precisare il parametro oggettivo e l’importo economico complessivo della prefigurata, eventuale, estensione.

L’affidamento disposto dall’ASL sulla base di tale clausola veniva impugnato al TAR Lombardia, Sezione di Brescia, da un’impresa del settore e dall’AGCM (quest’ultima in base alla legittimazione speciale riconosciuta dall’art. 21 bis, co. 1, della legge n. 287/1990), per i seguenti motivi:

  • l’affidamento ex post sarebbe avvenuto in violazione del divieto di rinegoziazione dell’offerta dell’aggiudicatario;
  • la clausola non indicherebbe la quantificazione dell’intero valore economico delle potenziali adesioni postume.

La prima censura è stata superata dal TAR (sent. n. 1449/2016) affermando che, avendo carattere migliorativo, le modifiche all’offerta di gara risulterebbero in ogni caso ammesse.

Con riguardo al secondo aspetto, che è quello rispetto al quale il Consiglio di Stato ha poi disposto il rinvio pregiudiziale, la sentenza di primo grado ha “salvato” la clausola mancante dell’indicazione del limite di valore delle successive adesioni:

  • innanzitutto, rilevando che “l’estensione del contratto originario trova, fin dall’inizio, la sua giustificazione e la sua regolamentazione nell’accordo quadro. Tale precisazione è importante, perché nella disciplina che regola lo schema generale dell’accordo quadro la fissazione anticipata delle «quantità previste» per tutti gli appalti da aggiudicare è prevista «solo del caso» …. ossia quando sussista un interesse pubblico in questo senso”;
  • in seconda battuta, evidenziando che, anche in mancanza dell’indicazione del limite di valore dei successivi affidamenti, “il parametro quantitativo della clausola di adesione risulta implicito” nel fatto che “le prestazioni oggetto della clausola di adesione devono essere di entità tale da soddisfare le esigenze prevedibili” delle amministrazioni legittimate all’affidamento postumo; dovendosi intendere per “esigenze ordinarie e prevedibili” “i quantitativi di prestazioni collegati ai servizi già in essere , ossia, concretamente, tutte le prestazioni svolte dagli appaltatori uscenti”.

In appello, dopo aver confermato che tale particolare tipologia di affidamenti va ricondotta alla disciplina dell’accordo quadro, il Consiglio di Stato ha ribadito che le clausole di adesione dovrebbero essere determinate sia sotto l’aspetto soggettivo, mediante la specifica indicazione degli enti potenzialmente aderenti; sia sotto quello oggettivo, “nel senso di prevedere il «valore economico» … della possibile estensione, anche nei termini di un importo massimo”.

In relazione al secondo profilo, non convinto della soluzione fornita dalla sentenza di primo grado, il Giudice d’appello ha quindi ritenuto necessario chiedere alla Corte di Giustizia di verificare:

  • se la mancata indicazione del valore complessivo dei successivi – potenziali – affidamenti risulta compatibile con la normativa comunitaria in materia di appalti pubblici (ed in particolare con l’art. 33 della direttiva 2014/24/UE, relativo agli accordi quadro);
  • se, anche in mancanza dell’indicazione del valore complessivo degli affidamenti postumi, tale valore può legittimamente derivarsi per implicito avendo riguardo all’ordinario fabbisogno degli ulteriori enti, diversi dalla stazione appaltante, individuati dalla clausola di adesione.

4. Considerazioni conclusive

Il rinvio pregiudiziale disposto dal Consiglio di Stato risulta senz’altro opportuno.

L’omessa specifica indicazione del limite di valore complessivo per gli affidamenti successivi non pare in effetti superabile attraverso il riferimento all’ordinario fabbisogno degli ulteriori enti che possono procedere con l’affidamento ex post: in questo modo, l’entità e la quantità dei beni o servizi rimane nella loro esclusiva disponibilità, aprendo inevitabilmente la strada ad una serie di affidamenti diretti di valore non preventivamente individuato.

La puntuale indicazione del limite di valore appare del resto necessaria anche rispetto alla posizione degli operatori economici; i quali potranno avere effettiva contezza dell’opportunità di partecipare alla gara solo se conosceranno precisamente il valore massimo dei potenziali futuri affidamenti.

Rispetto all’operatività del meccanismo degli affidamenti per adesione, permangono tuttavia ulteriori profili di criticità che non paiono essere state adeguatamente considerati dalle decisioni sin ora intervenute.

In primo luogo, il problema della rinegoziazione dell’offerta dell’aggiudicatario: nonostante l’affidamento per adesione dovrebbe avvenire senza rinegoziazione dell’offerta dell’impresa aggiudicataria, nella prassi difficilmente le condizioni offerte agli enti che hanno attivato la clausola sono le stesse contenute nell’offerta presentata in gara.

A volte, perché è la stessa lex specialis a precisare la possibilità di ridurre il complesso delle prestazioni, di estendere il contratto a prestazioni analoghe e accessorie ovvero di concordare la modifica di determinate caratteristiche delle modalità di prestazione del servizi; altre volte, perché la modifica dell’offerta viene giustificata in ragione del carattere migliorativo delle nuove condizioni (come nella fattispecie rimessa alla Corte di Giustizia), ovvero facendo riferimento alla disciplina del c.d. “quinto d’obbligo” (v. TAR Lombardia, Milano, n. 696/2017).

Di fatto, il meccanismo degli affidamenti per adesione si risolve in una deroga al generale principio di concorrenza degli appalti pubblici: ma, se così è, allora i presupposti di operatività dell’istituto dovrebbero essere valutati con particolare rigore; rigore che tuttavia non pare ricavabile nell’attuale quadro giurisprudenziale.

In secondo luogo, l’aspetto riguardante i requisiti di partecipazione: solitamente nelle procedure di gara che prevedono le clausole di adesione i requisiti risultano comunque unicamente parametrati al valore economico del contratto che la stazione appaltante intende affidare, e non anche agli ulteriori affidamenti che potranno essere disposti.

Almeno potenzialmente, l’impresa aggiudicataria potrebbe vedersi affidati appalti di valore molto più elevato di quello per cui ha effettivamente concorso e per cui ha dimostrato di essere in possesso dei requisiti, non offrendo così idonea garanzia in ordine all’effettiva capacità di eseguire le prestazioni che potrebbero esserle richieste dagli enti legittimati ad attivare la clausola di adesione.

Commento a cura dell’Avv. Riccardo Torlaschi