Commenti e sentenze

Il Consiglio di Stato ferma l’offerta di avvocature pubbliche ad altri enti

Nota a Consiglio di Stato, 7 giugno 2017, n. 2731

Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato si è pronunciato definitivamente sulla legittimità dell’istituzione delle cd. “avvocature comunali uniche”, già sottoposta al vaglio del TAR Lombardia.

I giudici di Palazzo Spada, allineandosi al giudice di prime cure, hanno rigettato l’appello promosso dal Comune resistente in primo grado, motivando ampiamente in ordine all’applicazione dell’art. 12, L. 24 dicembre 2007, n. 244 (cd. Legge Finanziaria 2008).

Tale disposizione prevede che «gli enti locali … possono istituire, mediante apposite convenzioni, uffici unici di avvocatura per lo svolgimento di attività di consulenza legale, difesa e rappresentanza in giudizio degli enti convenzionati». Al riguardo, il Consiglio di Stato ha precisato che, se è ben possibile la creazione di strutture comuni create ex novo da due o più amministrazioni, equidistanti dalle stesse, non è invece legittimo che un ente metta a disposizione il proprio ufficio legale a favore di altre amministrazioni.

In sintesi: l’avvocatura comunale unica, per essere tale, deve essere –per l’appunto– “nuova” e “comune”, creata appositamente da enti territoriali “consorziati” che cessino l’attività dei relativi uffici interni per devolverla all’ufficio comune di nuova creazione.

La sentenza chiarisce che, se così non fosse, verrebbe leso il principio di esclusività sancito dalla legge professionale.

L’art. 23 della L. 31 dicembre 2012, n. 247, infatti, prevede che i soli avvocati degli enti pubblici, in via del tutto eccezionale, possano svolgere le loro prestazioni esclusivamente e stabilmente a favore dell’ente al quale appartengono, in deroga al generale divieto di subordinazione del professionista legale; ciò al fine di tutelare stabilità e fiduciarietà che contraddistinguono il rapporto di servizio tra avvocato ed Ente

A parere del Consiglio di Stato, un’avvocatura unica come quella configurata dall’appellante, “incardinata” presso un Comune e resa disponibile ad altri enti territoriali, non garantirebbe la necessaria autonomia professionale in capo al legale incaricato, ed è dunque da considerarsi illegittima.