Sommario: – 1. La disciplina della revisione prezzi degli appalti di lavori nel Codice dei Contratti Pubblici – 2. I limiti della disciplina Codicistica – 3. La revisione dei prezzi nella normativa emergenziale – 4. La revisione dei prezzi nelle nuove gare – 5. Le criticità riscontrate nell’applicazione delle discipline emergenziali – 5.1. Criticità sotto il profilo temporale – 5.2. Criticità sotto il profilo economico – 6. La “svolta” del Decreto Aiuti – Conclusioni.
1. La disciplina della revisione prezzi degli appalti di lavori nel Codice dei Contratti Pubblici
La disciplina della revisione prezzi per gli appalti di lavori è contenuta nell’art. 106, comma 1, lett. a) del Codice dei Contratti Pubblici, in base al quale le modifiche ai contratti di appalto sono ammissibili laddove previste nei documenti di gara in clausole chiare, precise e inequivocabili.
Nell’ipotesi in cui la lex specialis non preveda la revisione prezzi, si ricorre all’art. 1664, comma 1 del Codice civile, giacché la sua applicazione non è espressamente esclusa dall’art. 106, comma 1, lett. a) (esclusione prevista dalla previgente disciplina della revisione prezzi prevista dall’art. 133, comma 2, del D.Lgs. 163/2006 nonché dall’art. 26, comma 3, della L. 109/1994).
Ai sensi del citato art. 106, comma 1, lett. a) del Codice dei Contratti Pubblici, le variazioni del prezzo, in aumento o in diminuzione, possono essere valutate sulla base dei prezzari regionali di cui all’art. 23, comma 16, del Codice solo per l’eccedenza del 10% rispetto al prezzo originario e, comunque, in misura pari alla metà.
2. I limiti della disciplina Codicistica
Consentendo la revisione prezzi solo laddove prevista da una specifica clausola del bando di gara, l’art. 106, comma 1, lett. a) del Codice consente alle stazioni appaltanti di non inserire la clausola revisionale negli atti di gara.
Nella prassi, si è inoltre registrata la tendenza ad escludere espressamente la revisione dei prezzi, se non addirittura l’applicazione della disciplina codicistica prevista dall’art. 1664, comma 1, del Codice civile.
La disciplina così delineata ha mostrato tutti i suoi limiti a seguito dell’avvento della pandemia, che ha innescato fenomeni inflattivi, con un considerevole aumento del prezzo dei materiali da costruzione, dei prodotti petroliferi e dell’energia, ulteriormente aggravatosi a partire dal mese di febbraio 2022 in concomitanza con il conflitto russo-ucraino; con ripercussioni critiche sull’esecuzione dei contratti di appalto.
In più frangenti, la mancata previsione della revisione prezzi nell’ambito dei singoli contratti ha comportato il blocco dei lavori per insostenibilità economica delle lavorazioni.
Anche laddove previsto dalle singole stazioni appaltanti, il meccanismo di revisione prezzi delineato dal Codice ha comunque mostrato notevoli limiti non riuscendo a garantire neppure il recupero dei maggiori costi degli approvvigionamenti.
3. La revisione dei prezzi nella normativa emergenziale
Al dichiarato fine di fare fronte alle descritte criticità e limitare gli effetti degli aumenti eccezionali dei costi di costruzione, il Governo è intervento a più riprese attraverso la decretazione d’urgenza, introducendo misure destinate, per limitati periodi di tempo, a consentire la prosecuzione in condizioni di equilibrio dei contratti di appalto aggiudicati e stipulati prima dell’esplosione inflattiva attualmente in corso.
L’art. 1 – septies del D.L. 25 maggio 2021, n. 73 (c.d. Sostegni bis, convertito in L. 106/2021) ha introdotto il regime della compensazione per i lavori eseguiti e contabilizzati nel primo semestre del 2021; disciplina estesa al secondo semestre del 2021 dall’art. 1, commi 398 e 399 della L. 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di bilancio 2022); e ulteriormente prorogata per primo semestre 2022 dall’art. 25 del D.L. 1° marzo 2022, n. 17 (convertito in L. 34/2022).
Trattandosi di disciplina emergenziale, il meccanismo revisionale previsto dai decreti trova applicazione anche in deroga alla disciplina ordinaria sulla revisione prezzi dell’art. 133, comma 4 e ss. del D.Lgs. 163/2006 e dell’art. 106, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 50/2016, dunque:
- anche se il contratto richiama le disposizioni “ordinarie” di legge sulla revisione, al netto di quanto già riconosciuto in applicazione di queste ultime;
- anche se il contratto non contiene una specifica disciplina sulla revisione prezzi;
- anche se il contratto prevede un espresso divieto di revisione dei prezzi.
La compensazione viene effettuata prendendo a riferimento i decreti emessi dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MIMS) che, sulla base delle elaborazioni ISTAT, determina le variazioni percentuali in aumento o in diminuzione superiori all’8%, verificatesi nei semestri di riferimento, dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi (cfr. art. 1 – septies, comma 1, D.L. 73/2021).
La compensazione (ovviamente da corrispondere dopo la pubblicazione dei DM) è determinata applicando alle quantità dei singoli materiali impiegati nelle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori, nei semestri di riferimento, le variazioni in aumento o in diminuzione dei relativi prezzi rilevate con riferimento alla data dell’offerta, eccedenti l’8 % se riferite esclusivamente all’anno corrente ed eccedenti il 10 % complessivo se riferite a più anni (cfr. art. 1 – septies, comma 3, D.L. 73/2021).
Per il rilevamento degli aumenti del primo semestre del 2021 è intervenuto il D.M. 11 novembre 2021 (pubblicato in GU il 23 novembre 2021); per il secondo semestre 2021 il D.M. 4 aprile 2022, è stato pubblicato in GU il 12 maggio 2022; entro il 30 settembre 2022 dovrebbe essere pubblicato il DM relativo al primo semestre 2022.
Per le variazioni in aumento, a pena di decadenza, l’appaltatore avrebbe dovuto presentare alla stazione appaltante l’istanza di compensazione entro quindici giorni dalla data di pubblicazione nella GU dei Decreti Ministeriali (cfr. art. 1 – septies, comma 4, D.L. 73/2021).
Le risorse cui attingere per la compensazione sono rappresentate da:
- somme appositamente accantonate per imprevisti nel quadro economico dell’intervento (fatte salve quelle per impegni contrattuali già assunti);
- somme derivanti dal ribasso d’asta;
- somme disponibili relative ad altri interventi ultimati, per i quali siano stati eseguiti i collaudi.
In caso di insufficienza delle risorse a disposizione delle stazioni appaltanti, è consentito attingere all’apposito fondo istituito presso il MIMS (100 milioni con il D.L. 73/2021; 100 milioni con la Legge di Bilancio 2022, incrementato a 150 milioni dal D.L. 17/2022).
4. La revisione dei prezzi nelle nuove gare
L’art. 29 del D.L. 27 gennaio 2022, n. 4, (convertito in L. 25/2022) ha introdotto l’obbligo della clausola revisionale per le nuove gare (transitoriamente applicabile sino al 31 dicembre 2023), sino ad oggi solo eventuale.
Il calcolo viene effettuato per le variazioni di prezzo dei singoli materiali da costruzione, in aumento o in diminuzione, soltanto se tali variazioni risultano superiori al 5% rispetto al prezzo, rilevato nell’anno di presentazione dell’offerta. La compensazione viene riconosciuta, in aumento o in diminuzione, per la percentuale eccedente il 5% e comunque in misura pari all’80% di tale eccedenza.
Al pari del meccanismo revisionale previsto per i contratti in corso di esecuzione, entro il 31 marzo ed il 30 settembre di ogni anno il MIMS deve stabilire con appositi Decreti (sulla base dei dati dell’Istat) le variazioni percentuali dei singoli prezzi dei materiali più significativi per ciascun semestre. Sulla base di tali decreti, la revisione dei prezzi viene determinata ex post applicando il meccanismo revisionale sopra descritto per i lavori eseguiti nei dodici mesi precedenti alla pubblicazione dei Decreti Ministeriali, nelle quantità accertate dal Direttore dei Lavori in sede di contabilizzazione.
Sono esclusi dalla compensazione i lavori contabilizzati nell’anno solare di presentazione dell’offerta.
Innovando sensibilmente rispetto alla disciplina della revisione nei contratti in corso di esecuzione, viene richiesto al Direttore dei Lavori di accertare che l’esecuzione dei lavori sia avvenuta nel rispetto dei termini indicati nel cronoprogramma.
Anche in questo caso la revisione è accordata a condizione che, entro 60 giorni dalla pubblicazione in GU dei Decreti Ministeriali, l’appaltatore formuli apposita istanza.
Infine, l’appaltatore può provare, con idonea documentazione, anche aumenti superiori al 5% non registrati nei DM; in tal caso si procede a revisione secondo il meccanismo già evidenziato (solo per la parte eccedente il 5% e in misura non superiore all’80%).
Quanto alle risorse alle quali attingere, vale quanto già evidenziato sopra per i contratti in corso di esecuzione.
5. Le criticità riscontrate nell’applicazione delle discipline emergenziali
5.1. Criticità sotto il profilo temporale
Entrambe le discipline hanno introdotto un meccanismo revisionale che interviene “a valle” dell’esecuzione e contabilizzazione delle opere e solo dopo la pubblicazione dei Decreti Ministeriali, che -come evidenziato- sono stati pubblicati a distanza di molti mesi dai semestri di riferimento.
Alla richiesta di revisione deve poi seguire il procedimento revisionale che può occupare molti altri mesi.
In tal modo, gli appaltatori sono costretti ad anticipare ingenti costi di approvvigionamento dei materiali con incrementi di costo che possono raggiungere e superare il 100% dei costi prefissati.
Le imprese (soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni) spesso non sono finanziariamente in grado di fare fronte nell’immediato agli aumenti (non programmati in sede di formulazione delle offerte) sarebbero costrette ad indebitarsi, con conseguente aumento degli oneri finanziari e delle spese generali, nell’attesa che la stazione appaltante proceda alla revisione, dopo la pubblicazione dei Decreti Ministeriali.
Da ciò discendono rischi in termini di:
- utilizzo di materiali e componenti di scarsa qualità;
- erosione delle risorse a disposizione per la manodopera;
- ricorso a subappalti o altre forme contrattuali più o meno legali a prezzi inferiori e con maestranze poco qualificate.
Occorre altresì evidenziare la scopertura normativa della revisione prezzi per le offerte presentate nell’anno 2021.
Ulteriori criticità attinenti al solo D.L. 4/2022 sono rappresentate dalla circostanza che la revisione è subordinata all’esecuzione dei lavori secondo il cronoprogramma contrattuale, senza specificare che l’eventuale “violazione” del cronoprogramma deve essere imputabile all’appaltatore e non alla Stazione appaltante.
5.2. Criticità sotto il profilo economico
I Decreti Ministeriali registrano solo aumenti del costo dei materiali da costruzione. Tuttavia già a partire dalla fine del 2021 e poi in modo più deciso dall’inizio della guerra russo-ucraina vi è stato un vertiginoso aumento anche dei costi energetici e dei carburanti.
È intuibile come tali aumenti possano gravemente incidere sulle spese generali di impresa e sui costi esecutivi indiretti (si pensi ad un impianto per la produzione di bitume o di calcestruzzo o al massiccio utilizzo di escavatori, pale, bilici, autocarri, attrezzature energivore ecc.).
6. La “svolta” del Decreto Aiuti
Le criticità evidenziate paiono essere state superate dalla disciplina della revisione prezzi introdotta dall’art. 26 del D.L. 17 maggio 2022, n. 50 (c.d. Decreto Aiuti), che ha innovato il paradigma fissato prima dal D.L. 73/2021, poi confermato dal D.L. 4/2022.
In deroga alle disposizioni contrattuali e codicistiche, e solo per le lavorazioni eseguite e contabilizzate dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2022, la disciplina introdotta dall’art. 26 del D.L. 50/2022 si applica ai contratti aggiudicati sulla base di offerte con termine finale di presentazione entro il 31 dicembre 2021.
Risulta pertanto colmata la scopertura temporale delle compensazioni per i contratti aggiudicati sulla base di offerte presentate nell’arco del 2021.
La maggiore innovazione introdotta dal Decreto Aiuti è il riconoscimento degli aumenti sostenuti dall’appaltatore per la totalità dei costi connessi allo svolgimento dell’appalto.
Il parametro di riferimento per il riconoscimento dei maggiori oneri sostenuti, infatti, è oggi rappresentato dai prezzari regionali di cui all’art. 23, comma 16 del Codice dei Contratti pubblici, che misurano gli incrementi del costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni.
Nello specifico, la variazione degli oneri è calcolata sulla base dei prezzari regionali che, in deroga all’art. 23, comma 16 del Codice dei Contratti pubblici, dovranno essere aggiornati entro il 31 luglio 2022.
Tale meccanismo consente una rilevazione più puntuale e costante nel tempo degli aumenti.
Nelle more dell’adozione dei prezzari aggiornati al 31 luglio 2022, per il calcolo del costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni, le stazioni appaltanti incrementano fino al 20 % le risultanze dei prezzari regionali aggiornati al 31 dicembre 2021 (cfr. art. 26, comma 3, D.L. 50/2022).
Pertanto, è stato superato uno dei maggiori limiti del meccanismo compensativo, che guardava ai singoli materiali da costruzione (le cui variazioni di valore erano oggetto di misurazione da parte dei Decreti Ministeriali pubblicati dal MIMS ai sensi dell’art. 1 – septies del D.L. 25 maggio 2021 n. 73) e non alla totalità dei costi dell’esecuzione delle opere, complessivamente colpiti dall’inflazione derivata dalla pandemia e dalla crisi energetica generata dal conflitto russo-ucraino.
In tal modo, oltre che vedersi riconosciuto l’incremento dei singoli materiali, gli appaltatori si vedranno riconosciuti i maggiori costi sostenuti per l’approvvigionamento delle attrezzature utilizzate nonché per i carburanti e i prodotti energetici necessari per effettuare la lavorazione.
In definitiva, l’utilizzo dei prezzari regionali consente di ristabilire l’equilibrio contrattuale minato da tutti gli aumenti connessi all’esecuzione dell’appalto.
Il meccanismo introdotto, prendendo a riferimento prezzari già adottati al momento di adozione dello Stato di Avanzamento dei Lavori (SAL), consente l’immediato riconoscimento dei maggiori oneri già all’interno dello stesso SAL (cfr. art. 26, comma 1, D.L. 50/2022).
La stazione appaltante deve riconoscere i maggiori importi derivati dall’applicazione dei prezzari regionali, al netto del ribasso formulato in sede di offerta, nella misura del 90%.
Il certificato di pagamento è emesso contestualmente e comunque entro cinque giorni dall’adozione del SAL.
Estendendo il meccanismo descritto alle lavorazioni effettuate e contabilizzate fino alla data di entrata in vigore del D.L. 50/2022, con riferimento ai SAL relativi alle lavorazioni effettuate tra il 1° gennaio 2022 e il 18 maggio 2022, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto Aiuti, è emesso un certificato di pagamento straordinario che contiene la determinazione dei maggiori oneri spettanti all’appaltatore determinati secondo i prezzari sopra descritti (cfr. art. 26, comma 1, ultima parte, D.L. 50/2022).
I pagamenti vengono effettuati al netto delle eventuali compensazioni derivanti dall’attivazione di clausole di revisione prezzi contenute nei contratti.
Quanto al termine di pagamento, si applica l’art. 113-bis, comma 1 del Codice dei Contratti pubblici, per cui pagamenti devono essere effettuati entro 30 giorni dall’adozione di ogni SAL.
Le risorse cui le stazioni appaltanti possono attingere per far fronte ai maggiori importi derivanti dalle lavorazioni, sono rappresentate:
- anzitutto, dal 50% degli importi accantonati nel quadro dei singoli interventi per far fronte agli imprevisti, ad esclusione delle somme destinate a impegni contrattuali già assunti;
- inoltre, le somme derivanti dai ribassi d’asta (laddove non diversamente destinate);
- ancora, gli importi residui relativi a lavori ultimati di competenza della medesima stazione appaltante.
In caso di insufficienza delle risorse a disposizione delle stazioni appaltanti, per gli interventi finanziati attraverso le risorse previste dal PNRR, è possibile avvalersi delle risorse previste dal c.d. Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche di cui all’art. 7, comma 1, D.L. 76/2020, incrementato di 1.000 milioni di euro per l’anno 2022 e 500 milioni di euro per l’anno 2023 (cfr. art. 26, comma 4, lett. a e comma 5, lett. a, D.L. 50/2022).
Per tutti gli altri interventi è possibile accedere al Fondo di cui all’art. 1-septies, comma 8, D.L. 73/2021, incrementato di ulteriori 500 milioni di euro per l’anno 2022 e di 550 milioni di euro per l’anno 2023 (cfr. art. 26, comma 4, lett. b e comma 5, lett. b, D.L. 50/2022).
Per accedere a entrambi i Fondi, le stazioni appaltanti devono presentare le istanze di accesso entro il 31 agosto 2022, per i SAL relativi alle lavorazioni effettuate tra il 1° gennaio 2022 e il 31 luglio 2022 e entro il 31 gennaio 2023 per i SAL relativi alle lavorazioni effettuate tra il 1° agosto 2022 e il 31 dicembre 2022.
Nei casi in cui la stazione appaltante presenti istanza di accesso ai Fondi, i pagamenti nei confronti degli appaltatori vengono effettuati entro 30 giorni dal trasferimento delle risorse da parte del MIMS.
In conclusione
La disciplina rappresenta una concreta risposta del legislatore alle esigenze degli appaltatori e pare aver superato la maggior parte delle criticità riscontrate.
Quanto alle criticità temporali, l’utilizzo dei prezzari regionali già approvati al momento di adozione dei SAL consente di misurare e inserire direttamente all’interno del SAL i maggiori oneri sostenuti dall’appaltatore per le lavorazioni complessivamente effettuate.
In questo modo, gli appaltatori non dovranno più “anticipare” i maggiori costi esecutivi nell’attesa della pubblicazione dei Decreti Ministeriali con l’indicazione delle variazioni percentuali del costo dei materiali, per poter accedere ai meccanismi compensativi; né saranno gravati dall’onere di attivare i procedimenti di accesso alle compensazioni di cui agli artt. 1 – septies, comma 4 del D.L. 73/2021 e 29, comma 4 del D.L. 4/2022 in tempi eccessivamente ristretti (15 e 60 giorni dopo la pubblicazione dei decreti Ministeriali).
Quanto alle criticità economiche, il riconoscimento dei maggiori oneri sostenuti per la totalità delle lavorazioni eseguite nella misura del 90 %, rappresenta certamente una misura di riequilibrio contrattuale più efficace e consistente rispetto alle compensazioni per i soli incrementi di costo dei materiali da costruzione più significativi, anziché delle lavorazioni nel loro complesso.