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Le concessioni di impianti sportivi al tempo del Covid

Strumenti per la ripartenza
  1. Introduzione

Tra i diversi settori colpiti in modo significativo dall’emergenza epidemiologica da Covid-19 e dai conseguenti provvedimenti emergenziali un posto rilevante è occupato dal settore degli impianti sportivi, e in particolare dei centri sportivi di proprietà pubblica gestiti in regime di concessione da operatori privati.

Sin dall’inizio della diffusione della pandemia, le disposizioni adottate dal Governo hanno imposto misure restrittive alle attività di palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori: una prima sospensione da marzo a maggio 2020, una graduale riapertura nel rispetto delle norme di distanziamento e di quanto stabilito da apposite linee guida, una nuova sospensione da fine ottobre 2020 ad aprile 2021, e ora una nuova e precaria fase di riavvio.

In tale contesto, i gestori dei centri sportivi pubblici hanno subito una significativa compressione dei ricavi, azzerati durante i periodi di chiusura, e un aumento dei costi necessari a garantire il rispetto delle norme igienico-sanitarie.

L’intervento del Governo si è sviluppato su due direttrici: da un lato, contrastare gli effetti del contenimento attraverso misure di carattere economico (concessione di contributi e sussidi, sospensione e poi riduzione dei canoni di locazione e concessori, introduzione di crediti di imposta e agevolazioni fiscali); dall’altro lato, in una prospettiva a medio-lungo termine, rilanciare il settore della gestione dei centri sportivi attraverso norme più generali e di sistema.

È in quest’ultima categoria che si inserisce la disciplina speciale in materia di riequilibrio economico-finanziario delle concessioni pubbliche.

 

  1. La revisione delle condizioni di equilibrio economico-finanziario

L’art. 216, comma 2, del D.L. 34/2020 (convertito in L. 77/2020) ha stabilito che «le parti dei rapporti di concessione, comunque denominati, di impianti sportivi pubblici possono concordare tra loro, ove il concessionario ne faccia richiesta, la revisione dei rapporti […], mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio economico-finanziario originariamente pattuite, anche attraverso la proroga della durata del rapporto, comunque non superiore a ulteriori tre anni, in modo da favorire il graduale recupero dei proventi non incassati e l’ammortamento degli investimenti effettuati o programmati. La revisione del rapporto concessorio può essere concordata anche in ragione della necessità di fare fronte ai sopravvenuti maggiori costi per la predisposizione delle misure organizzative idonee a garantire condizioni di sicurezza tra gli utenti e ai minori ricavi dovuti alla riduzione del numero delle presenze all’interno degli impianti sportivi».

In ogni caso, la revisione deve «consentire la permanenza dei rischi trasferiti in capo all’operatore economico e delle condizioni di equilibrio economico finanziario relative al contratto di concessione»; la norma prevede infine che, «in caso di mancato accordo, le parti possono recedere dal contratto».

Introdotta durante il periodo emergenziale, la norma costituisce in realtà applicazione e specificazione dei generali principi sull’esecuzione delle concessioni pubbliche.

L’attuale Codice dei contratti pubblici, infatti, già stabilisce che «il verificarsi di fatti non riconducibili al concessionario che incidono sull’equilibrio del piano economico finanziario può comportare la sua revisione da attuare mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio» (art. 165, comma 6, del D.Lgs. 50/2016).

Tuttavia, la scelta di introdurre una disposizione speciale ad hoc ha un duplice merito:

  • spinge le parti a cercare di conservare il rapporto concessorio, riequilibrando le diseconomie generate dall’emergenza sanitaria, lasciando solo come estrema ratio il rimedio demolitorio del recesso;
  • fissa l’obbiettivo nel graduale recupero dei proventi non incassati e dell’ammortamento degli investimenti effettuati o programmati, nonché nel fare fronte ai sopravvenuti maggiori costi per la predisposizione delle misure organizzative idonee a garantire condizioni di sicurezza e ai minori ricavi dovuti alla riduzione del numero delle presenze all’interno degli impianti.

Oltre ad indicare lo strumento (la revisione delle condizioni) e l’obiettivo, il Governo ha rimarcato il limite dell’intervento riequilibrativo nella permanenza del rischio in capo al concessionario.

Non vengono invece specificate le modalità con cui dovrebbe concretizzarsi la revisione della concessione, ad eccezione della previsione di una proroga della durata del rapporto, comunque non superiore a tre anni; è quindi rimessa alla libertà delle parti l’individuazione degli strumenti più idonei a riequilibrare il singolo contratto: a mero titolo esemplificativo, tali misure possono essere la concessione della proroga, lo sconto o la sospensione del pagamento del canone concessorio per un determinato periodo, l’accollo da parte dell’Ente concedente delle utenze fino a un determinato importo, la rideterminazione degli investimenti che il concessionario è obbligato a realizzare.

Momento imprescindibile e fondamentale del procedimento di revisione deve essere la fase istruttoria, condotta secondo i canoni di buona fede, correttezza e leale collaborazione: solo attraverso una approfondita valutazione dei dati economici e un confronto costante, le parti possono accertare l’entità del disequilibrio generato dall’emergenza sanitaria, operare una stima dell’impatto nel prossimo futuro e individuare le misure adatte a ristabilire l’equilibrio.

 

  1. La nuova Legge Stadi

Pur non strettamente collegata all’emergenza sanitaria, la nuova “Legge Stadi” (D.Lgs 38/2021) rappresenta un altro strumento in grado di favorire la ripartenza del settore degli impianti sportivi, attraverso l’incentivazione e la semplificazione delle procedure di project financing per la costruzione, ristrutturazione e gestione dei centri sportivi.

Esercitando (finalmente) la delega dell’art. 7 della L. 86/2019, il Decreto riordina in un unico testo la disciplina precedentemente contenuta nell’art. 1, commi 303, 304 e 305 della L. 147/2013 e nell’art. 62 del D.L. 24 aprile 2017, n. 50 (convertito con L. 96/2017).

La nuova normativa, applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2022, presenta alcune importanti novità.

Innanzitutto, viene finalmente fornita una definizione di “impianto sportivo”, mettendo fine ai dubbi circa l’applicabilità della Legge Stadi ai soli grandi impianti sportivi (cui prevalentemente si rivolgeva la precedente disciplina) oppure anche a tutti i centri sportivi; appare chiaro ora che nell’ambito di applicazione rientri qualsiasi «struttura, all’aperto o al chiuso, preposta allo svolgimento di manifestazioni sportive, comprensiva di uno o più spazi di attività sportiva dello stesso tipo o di tipo diverso, nonché di eventuali zone spettatori, servizi accessori e di supporto» (art. 2, comma 1, lett. d).

In secondo luogo, nonostante le forti spinte verso l’eliminazione, è stato confermato il divieto di realizzare interventi di edilizia residenziale nell’ambito dell’intervento di costruzione o riqualificazione dell’impianto sportivo.

In terzo luogo, è consentito alle Associazioni e alle Società Sportive senza fini di lucro di presentare all’ente locale un progetto preliminare accompagnato da un piano di fattibilità economico finanziaria per la rigenerazione, la riqualificazione e l’ammodernamento e per la successiva gestione dell’impianto sportivo, con la previsione di un utilizzo teso a favorire l’aggregazione e l’inclusione sociale e giovanile. Se riconosce l’interesse pubblico del progetto, l’ente locale affida direttamente la gestione gratuita dell’impianto all’associazione o alla società sportiva per una durata proporzionalmente corrispondente al valore dell’intervento e comunque non inferiore a cinque anni.

Infine, nell’ottica di aumentare la semplificazione e la concentrazione della procedura che già caratterizzavano la precedente disciplina, vengono ridotti i termini della fase istruttoria sul progetto.

Resta invece invariato lo sviluppo procedimentale, più snello e favorevole per il proponente rispetto all’ordinaria disciplina dell’art. 183 comma 15 del Codice dei contratti pubblici:

– il soggetto che intende realizzare l’intervento presenta all’ente locale interessato, anche di intesa con una o più delle Associazioni o Società sportive dilettantistiche o professionistiche utilizzatrici dell’impianto, un documento di fattibilità a valere quale progetto di fattibilità tecnica ed economica, di cui all’art. 23, commi 5 e 5-bis del D.Lgs. 50/2016, corredato di un piano economico-finanziario;

– l’ente locale, previa conferenza di servizi preliminare convocata su istanza dell’interessato in ordine al documento di fattibilità, ove ne valuti positivamente i contenuti, dichiara, entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione del documento medesimo, il pubblico interesse della proposta, eventualmente indicando le condizioni necessarie per ottenere i successivi atti di assenso sul progetto;

– sulla base della dichiarazione di pubblico interesse, il soggetto proponente presenta all’ente locale il progetto definitivo, corredato di una bozza di convenzione con l’Amministrazione e di un piano economico-finanziario asseverato;

– l’ente locale, previa conferenza di servizi decisoria, può richiedere al proponente le modifiche strettamente necessarie ai fini della valutazione positiva del progetto e ne delibera in via definitiva l’approvazione entro sessanta giorni dalla presentazione dello stesso;

– il provvedimento finale sostituisce ogni autorizzazione o permesso comunque denominato necessario alla realizzazione dell’opera e costituisce la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza dell’opera medesima, ivi compresi gli interventi, sia pubblici, sia privati, da realizzare nelle aree pertinenziali;

– il progetto definitivo approvato è posto a base di procedura di affidamento, da concludersi entro centoventi giorni dalla sua approvazione, a cui è invitato anche il soggetto proponente, che assume la denominazione di promotore; nell’ipotesi in cui non risulti aggiudicatario, il promotore può esercitare il diritto di prelazione entro 15 giorni dall’aggiudicazione definitiva e divenire aggiudicatario se dichiara di assumere la migliore offerta presentata.

– si applicano, per quanto non diversamente disciplinato, le previsioni del Codice in materia di finanza di progetto.